Un rivelatore versatile: la camera a ionizzazione

La camera di ionizzazione è il più semplice di tutti i rivelatori di radiazioni ionizzanti pieni di gas (come gas si può usare anche l’aria) ed è ampiamente usata per il rilevamento e la misurazione di alcuni tipi di radiazioni ionizzanti: raggi X, raggi gamma e particelle beta. Il termine “camera di ionizzazione” è usato per i rivelatori che raccolgono tutte le cariche create dalla ionizzazione diretta all’interno del gas attraverso l’applicazione di un campo elettrico, senza i meccanismi di moltiplicazione usati da altri rivelatori della radiazione, come il contatore Geiger, il contatore proporzionale e quelli a scintillazione.

Le prime versioni della camera a ionizzazione furono utilizzate fin dal 1895 da Marie e Pierre Curie nel loro lavoro di isolamento di materiali radioattivi. Da allora la camera a ionizzazione è stata uno strumento ampiamente usato in laboratorio per scopi di ricerca e calibrazione. Per fare ciò è stata sviluppata un’ampia varietà di forme di camera su misura, alcune addirittura usando liquidi come mezzo ionizzato. Le camere a ionizzazione sono utilizzate anche dai laboratori nazionali per calibrare gli standard primari.

Le camere a ionizzazione possono venire facilmente autocostruite, come illustrato nel ns. articolo Come costruire una camera a ionizzazione, che trovi qui. Inoltre, è possibile usarle non solo per la misurazione della radioattività, ma anche per misurare il livello naturale di ionizzazione dell’aria e la sua variazione nel tempo con o senza sorgenti ionizzanti non radioattive (fiamme, temporali, raggi UV, laser, etc.), come accennato nell’articolo Come calibrare e usare una camera a ionizzazione, che trovi qui.

Schema di base di una camera a ionizzazione (a geometria cilindrica).

Funzionamento e vantaggi delle camere a ionizzazione

Una camera a ionizzazione misura la carica creata dalla radiazioni ionizzanti dal numero di coppie di ioni createsi all’interno di un gas a seguito dell’interazione prodotta dalla radiazione incidente. È costituita da una camera riempita di gas (eventualmente aria) con due elettrodi, noti come anodo e catodo. Una opportuna differenza di potenziale , cioè una tensione, più bassa di quella usata in altri tipi di rivelatori viene applicata tra gli elettrodi per creare un campo elettrico nel gas di riempimento.

Quando il gas tra gli elettrodi viene ionizzato dalla radiazione ionizzante incidente, vengono create coppie di ioni e gli ioni positivi risultanti e gli elettroni dissociati si spostano verso gli elettrodi della polarità opposta sotto l’influenza del campo elettrico. Questo genera una corrente di ionizzazione che viene misurata da un circuito dell’elettrometro. L’elettrometro deve essere in grado di misurare la corrente di uscita molto piccola che si trova nella regione dai femtoampere ai picoampere.

La corrente di uscita dalla camera a ionizzazione dipende da tre importanti fattori: dal design della camera, dalla dose di radiazione e dalla tensione applicata. Le camere a ionizzazione hanno una buona risposta uniforme alle radiazioni ionizzanti su una vasta gamma di energie e sono i mezzi preferiti per misurare alti livelli di radiazioni beta, gamma o X. Sono ampiamente usate nel settore dell’energia nucleare, nei laboratori di ricerca, nella radiografia, in radiobiologia e nel monitoraggio ambientale.

Una nota camera a ionizzazione di livello professionale.

Le camere a ionizzazione possono funzionare in due diverse modalità: (1) a corrente o (2) a impulso. Al contrario, i contatori Geiger od i contatori proporzionali sono quasi sempre utilizzati in modalità a impulso. Inoltre, come tutti i rilevatori di radiazioni ionizzanti le camere a ionizzazione possono essere utilizzate sia per la misurazione dell’attività di una sorgente che per la misurazione della dose. Nota l’energia necessaria per formare una coppia di ioni, la dose può infatti venire facilmente ricavata.

Ciascuna coppia di ioni creata deposita o rimuove una piccola carica elettrica da o verso un elettrodo, in modo tale che la carica accumulata sia proporzionale al numero di coppie di ioni create e quindi alla dose di radiazione. Questa continua generazione di carica produce alla fine una corrente di ionizzazione, che è una misura della dose ionizzante totale che entra nella camera. Per tale ragione, le camere a ionizzazione sono spesso usate come dosimetro, oltre che come strumento di calibrazione.

L’unità fondamentale dell’esposizioni alle radiazioni gamma e X), il roentgen (R), è una misura della ionizzazione dell’aria secca. Un R equivale a 2,082 x 109 coppie di ioni generate in 1 cm3 di aria secca a temperatura e pressione standard. In termini di tasso di esposizione, in un campo di radiazione misurato in R/h, vengono create 2,082 x 109 coppie di ioni all’ora. Il numero di coppie ioniche generato è anche proporzionale all’energia dei fotoni della radiazione che ha dato loro origine.

Le camere a ionizzazione sono preziose per quattro qualità. In primo luogo, possiedono un risposta relativamente piatta a una vasta gamma di energie di raggi gamma e raggi X (in genere da 10 keV a quasi 10 MeV). In secondo luogo, sono lo strumento migliore per misurare livelli di radiazione alti o bassi (> 1 mR/h). In terzo luogo, sono anche utilizzabili come rivelatori molto semplici di particelle alfa. Infine, sono in grado di discriminare con precisione tra i componenti beta e gamma di un campo di radiazione.

La curva di risposta energetica per una camera a ionizzazione della Ludlum, che è più o meno tipica della maggior parte delle camere a ionizzazione. 

Le camere di ionizzazione sono preferite per misurare gli alti tassi di dose di radiazioni perché non hanno “tempi morti”, un fenomeno che influenza invece l’accuratezza del tubo di Geiger-Muller ad alti tassi di dose. Ciò è dovuto al fatto che nelle camere a ionizzazione non esiste un’amplificazione intrinseca del segnale. Inoltre, poiché non vi è amplificazione, questi strumenti forniscono un’eccellente risoluzione energetica, che è limitata principalmente dal rumore elettronico.

Caratteristiche e tipologie delle camere a ionizzazione

I componenti essenziali della camera a ionizzazione sono i suoi due elettrodi di raccolta: l’anodo e il catodo (l’anodo è caricato positivamente rispetto al catodo). Nella maggior parte dei casi, ma non in tutti, la parete della camera esterna funge da catodo. La differenza di potenziale tra l’anodo e il catodo è spesso nell’intervallo da 100 a 500 volt. La tensione più appropriata dipende da un certo numero di cose, come la dimensione della camera (maggiore è la camera, maggiore è la tensione richiesta).

La forma degli elettrodi in una camera a ionizzazione è decisamente più variabile di quella di un rivelatore Geiger-Mueller o di un contatore proporzionale. In generale – specie per versioni trasportabili – la parete della camera esterna (ovvero il catodo) è un cilindro oppure una sfera, mentre l’anodo è di solito a forma di bastoncino. Tuttavia, l’anodo potrebbe assumere altre forme, ad esempio un cilindro o un cono. In alcuni casi, i due elettrodi potrebbero persino essere piatti paralleli piani.

Schema di una camera di ionizzazione a piastre piane alloggiate in un contenitore cilindrico. 

Le camere a piastre parallele hanno la forma di un piccolo disco, con elettrodi di raccolta circolari separati da un piccolo spazio, in genere 2 mm o meno. Il disco superiore è estremamente sottile, consentendo misurazioni della dose vicino alla superficie molto più accurate di quelle possibili con una camera cilindrica. Le cosiddette camere di monitoraggio sono in genere camere ioniche a piastre parallele che sono posizionate in fasci di radiazione per misurare continuamente l’intensità del raggio.

Un altro tipo comune di camera a ionizzazione è il rivelatore a pozzo, in cui la parete della camera esterna sporge all’interno di un anodo tubolare cavo. Ciò aumenta notevolmente la sensibilità del sistema perché il campione può essere posizionato al centro della camera. Le particelle cariche rivelabili quando attraversano il gas all’interno della camera potrebbero essere particelle alfa o beta da un campione radioattivo (se hanno energia sufficiente per penetrare nella parete del rivelatore).

Schema di una camera a ionizzazione del tipo “rivelatore a pozzo”.

Le particelle cariche potrebbero essere elettroni a cui i raggi gamma o i raggi X hanno trasferito energia attraverso l’effetto fotoelettrico, lo scattering Compton o la produzione di coppie. La maggior parte di queste interazioni di raggi gamma o raggi X si verificano nella parete del rivelatore, ma alcune si verificano anche nel gas di riempimento della camera. Se la parete della camera è abbastanza sottile, questi elettroni potrebbero anche originarsi in interazioni di raggi gamma o raggi X al di fuori della camera.

Il movimento delle particelle cariche attraverso la camera ionizza gli atomi o le molecole del gas, cioè crea coppie di ioni. Ad esempio, questo processo di ionizzazione potrebbe comportare la rimozione di un elettrone da una molecola di azoto: l’elettrone liberato sarebbe il membro negativo della coppia di ioni e la molecola di azoto caricata positivamente sarebbe il membro positivo della coppia di ioni. Il campo elettrico creato dalla differenza di potenziale tra l’anodo e il catodo fa sì che elettroni e ioni migrino.

Schema di funzionamento di una camera a ionizzazione (a piatti piani).

L’elemento negativo (elettrone) di ciascuna coppia di ioni si sposta verso l’anodo mentre l’atomo o la molecola di gas caricata positivamente sono attratti al catodo. Il movimento degli ioni verso gli elettrodi di raccolta provoca un impulso elettronico. Poiché questi impulsi sono troppo piccoli per essere rilevati, l’approccio più comune è misurare la corrente della camera che viene prodotta da molte interazioni di radiazione nel rivelatore e che viene misurata più facilmente rispetto ai singoli impulsi.

Il campo elettrico è sufficientemente forte da consentire al dispositivo di funzionare in modo continuo rastrellando tutte le coppie di ioni, impedendo la ricombinazione di coppie di ioni che diminuirebbe la corrente di ioni. Questa modalità di funzionamento viene definita modalità “corrente”, il che significa che il segnale di uscita è una corrente continua e non un’uscita a impulsi come nei casi del tubo Geiger-Müller, del contatore proporzionale o dei contatori a scintillazione.

Come si vede in figura, nella regione operativa della camera a ionizzazione la carica raccolta da coppie di ioni è costante sull’intervallo di tensione applicata, poiché a causa della sua intensità di campo elettrico relativamente basso la camera a ionizzazione non ha alcun effetto moltiplicativo. Ciò la distingue dal tubo Geiger-Müller o dal contatore proporzionale, nei quali gli elettroni secondari – e in definitiva le valanghe multiple – amplificano notevolmente la carica della corrente ionica originale.

Le varie regioni della curva tensione applicata – corrente di ionizzazione per i rivelatori a gas. Si noti come la camera a ionizzazione sia particolarmente sensibile alle radiazioni alfa e beta.

Le camere di ionizzazione sono perfette per misurare tassi di esposizione assai elevati. A differenza dei rivelatori Geiger, non vi è alcuna perdita di efficienza negli elevati campi di radiazione. Inoltre, a differenza dei rilevatori Geiger, le camere a ionizzazione semplicemente andranno fuori scala quando esposte a un campo di radiazione superiore alla capacità di rilevamento massima prevista dalla scala. I Geiger tendono invece a saturare e andare a zero in un campo di radiazione assai elevato.

Le camere a ionizzazione “ad aria libera” sono camere aperta liberamente all’atmosfera, dove il gas di riempimento è l’aria ambiente. Il rilevatore di fumo domestico ne è un buon esempio, in cui è necessario un flusso naturale di aria attraverso la camera in modo che le particelle di fumo possano essere rilevate dal cambiamento della corrente ionica. Altri esempi sono applicazioni in cui gli ioni vengono creati all’esterno della camera ma vengono trasportati da un flusso forzato di aria o gas.

Alcune camere a ionizzazione, dette “ventilate”, sono normalmente cilindriche e funzionano a pressione atmosferica con l’aria ambiente, ma per impedire l’ingresso di umidità nella linea di ventilazione è installato un filtro contenente un essiccante. Per migliorare l’efficienza di rilevamento, poiché gli elettroni liberi vengono catturati facilmente – in camere ventilate riempite di aria ambiente – dall’ossigeno neutro (che è elettronegativo) per formare ioni negativi, si può usare uno speciale gas di riempimento.

Schema di una semplice camera a ionizzazione ad aria ventilata.

Queste camere a ionizzazione con gas di riempimento sono sigillate e funzionano a bassa pressione: pressione atmosferica o attorno ad essa. La finestra dell’estremità, per permettere la rivelazione delle particelle beta, è spessa solo il necessario per limitare la pressione differenziale dalla pressione atmosferica che può essere tollerata e i materiali comuni utilizzati per tale finestra sono acciaio inossidabile o titanio con uno spessore tipico di 25 µm (equivalenti a 0,025 mm).

L’efficienza della camera può essere ulteriormente aumentata mediante l’uso di un gas ad alta pressione. Tipicamente si può usare una pressione di 8-10 atmosfere e si impiegano vari gas nobili. La pressione più elevata determina una maggiore densità del gas e quindi una maggiore possibilità di collisione con il gas di riempimento e la creazione della coppia ionica a causa della radiazione incidente. Per l’aumentato spessore della finestra per resistere a tale pressione, è possibile rilevare solo la radiazione gamma.

Le camere a ionizzazione sono ampiamente utilizzate nei misuratori portatili di rilevamento delle radiazioni per misurare le radiazioni beta e gamma, che sono quelle più pericolose emesse dalle sorgenti radioattive. Sono particolarmente preferite per misurazioni di alte dosi e per le radiazioni gamma forniscono una buona precisione per energie superiori a 50-100 keV. Sono anche utilizzabili come rivelatori molto semplici di particelle alfa (e quindi anche di radon), oltre che di raggi X (cioè di raggi gamma di bassa energia).

Un misuratore di radon basato su una camera di ionizzazione sviluppato da Theremino.

Le camere a ionizzazione dotate di un dispositivo di registrazione, come ad es. Arduino (che permette di interfacciarle al computer e di ottenere un grafico della corrente nel tempo), sono abbastanza sensibili da valutare l’attività delle fonti di particelle alfa usate per esperimenti di laboratorio, come la reticella per lanterne e le perle di vetro all’uranio. Questi deboli emettitori vengono posizionati direttamente all’interno della camera, che viene poi sigillata con un cappuccio di protezione.

Infine, sono disponibili in commercio camere a ionizzazione che possiedono una funzione “integra”, in modo che lo strumento possa essere lasciato in un luogo per un lungo periodo di tempo e possa così venire determinato un tasso di esposizione medio. In tal modo è possibile ottenere misurazioni di un livello di radiazione inferiore a 1 mR/h. Ad esempio, questa modalità di misurazione può essere indicata per rilevare le particelle alfa del radon presenti in un ambiente “normale”.