Razzi a media o alta potenza e carico utile

Man mano che acquisisce esperienza nel settore, l’appassionato di razzi tende a usare motori più potenti, cimentandosi inoltre nella costruzione di modelli multistadio, nel progetto e nella realizzazione di razzi con carico, con più motori o, infine, nella riproduzione in scala di vettori reali: dal Saturno V alle V2 tedesche, dallo Space Shuttle ai missili Patriot. In questo articolo vedremo come si pratica il razzimodellismo a media o ad alta potenza e come sfruttare questi razzi per portare a bordo un carico utile, ad es. ottico o elettronico.  

Finora ci siamo occupati, essenzialmente, di due categorie di razzimodellismo: la Low-Power Rocketry (LPR, o “Model Rocketry”) e la Mid-Power Rocketry (MPR, o “Large Model Rocketry”). La LPR utilizza motori motori fino al “D”, come quelli montati dai piccoli ed economici modelli della Estes o della Quest. Tali razzi, facili da costruire e molto sicuri, pesano di solito pochi etti e volano a meno di 300 metri di altezza. Essi sono amati da chi è interessato nella progettazione, per la possibilità di lanci frequenti con motori a basso costo.

La MPR è il livello successivo nel razzimodellismo, usando i motori dalla classe “E” fino alla “G”, di cui il maggiore produttore è la Aerotech. Questi razzi, in genere, pesano meno di un chilo e volano assai più in alto dei precedenti, senza necessità di autorizzazioni o permessi particolari. La loro costruzione è più complessa, sebbene le tecniche e i materiali siano gli stessi. I motori sono un po’ più costosi (5-15 euro l’uno), ma non troppo.

Un razzimodello di media potenza, ovvero di categoria MPR.

Esiste però una categoria della missilistica dilettantistica che riguarda razzi ancora più potenti, ed è la High-Power Rocketry (HPR). Essa utilizza motori che vanno dalla classe “H” fino alla “O”, prodotti da aziende specializzate come la Loc/Precision (www.locprecision.com) e la Public Missiles (www.publicmissiles.com). Questi razzi hanno dimensioni notevoli (dal metro e mezzo in su), pesano da pochi chili a centinaia di chili e volano fino a 15 km di altezza o anche oltre, per cui vanno lanciati sempre in aree non popolate.

Per acquistare e usare motori High Power occorre una speciale certificazione: di “Livello 1” (o L1) per i motori H-I, “L2” per i motori J-L, “L3” per i rimanenti. I modelli HPR, infatti, richiedono, per la loro complessità, preparazione e competenza notevoli (i motori “O”, che rappresentano il limite attuale di questa categoria, raggiungono i 40.960 N/s di spinta). Le relative certificazioni sono rilasciate in Italia, dopo un lancio-esame, dai “prefetti” della Tripoli.  [Fig.1.12 a,b]

Pur condividendo con i loro fratelli minori i materiali di cui sono fatti, di solito i razzi HPR montano sistemi elettronici per azionare il sistema di rientro. In particolare, onde evitare che l’apertura del paracadute alle grandi altezze dell’apogeo costringa a una lunga camminata per il recupero del modello, all’apogeo viene espulso un piccolo paracadute (drogue) e poi, ad un’altezza di qualche centinaio di metri dal suolo, che dipende dalla pesantezza del razzo, viene rilasciato il paracadute principale.

Un modello di razzo ha sempre un dispositivo di recupero, ad esempio un paracadute, per riportarlo dolcemente al suolo. Si noti qui anche il piccolo paracadute (drogue) che precede l’apertura di quello principale. 

Gli HPR, inoltre, hanno struttura e rampe di lancio più robuste e usano motori più costosi (20-1.000 euro) e di tipo diverso: ad esempio, motori RMS (Reloadable Motor System), che hanno una parte riutilizzabile in alluminio e sono ricaricabili con un propellente solido simile a quello dei missili veri; oppure più economici motori “ibridi”, che sfruttano la reazione tra l’ossigeno e un ossidante liquido, il protossido di azoto (N2O), per bruciare un propellente solido come la plastica.

Non ci soffermeremo qui sulla pericolosa missilistica sperimentale (Experimental Rocketry), dove l’intero razzo è costruito dall’hobbysta, compreso il delicato motore, a prescindere dalla potenza dello stesso. Vogliamo invece osservare come i razzi multistadio, in kit o autocostruiti, permettano di raggiungere maggiori altezze e velocità rispetto ai monostadio: appena uno stadio termina di bruciare, si accende quello successivo, il booster viene rilasciato e il resto del razzo, con un peso inferiore, continua a salire.

Nel sito web della NAR (National Association of Rocketry) troverete i record di altitudine finora stabiliti nelle varie classi di motori. Infine, parecchi razzimodellisti esperti alla ricerca di nuove sfide iniziano a realizzare piccole versioni in scala di razzi reali o di missili (Scale Rocketry). Questi modelli sono assai più curati nei dettagli e nell’estetica rispetto a quelli sportivi, richiedono un maggior tempo di costruzione e soprattutto, se non si usano kit, è necessario che ci si documenti adeguatamente.

Un modello in scala 1:13 del razzo Ariane 4, un bellissimo esempio di HPR (High Power Rocket) dotato di motori di classe J, K e M. Realizzato da un gruppo di esperti razzimodellisti svizzeri, il razzo è stato lanciato nel luglio 2001 ad Amarillo, nel deserto del Texas. (cortesia ARGOS – Svizzera). 

Insomma, ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche. La missilistica dilettantistica offre, come abbiamo visto, una serie di svariate attrattive, oltre allo spettacolare ma breve volo del razzo. La competizione sportiva, il progetto e la costruzione del modello, l’apparecchiatura di lancio e la strumentazione di bordo e per il controllo del volo pongono diversi difficili problemi.

Essere membro di una squadra, di un club o di un’associazione che coordina i tanti campi di interesse coinvolti nel condurre a compimento un programma sino al momento culminante del lancio di un razzo dà un senso di orgoglio nel successo che pochi altri passatempo uguagliano. La costruzione di grossi razzi, in particolare, fornisce ricche soddisfazioni proprio – e spesso soltanto – nel lavoro di gruppo, in quanto richiede possibilità economiche superiori a quelle di cui uno dispone normalmente da solo, e una pari abilità nel maneggiare utensileria meccanica, circuiti elettronici e propellenti chimici.

Carico utile: dispositivi di tipo ottico o elettronico

Uno degli aspetti più interessanti del razzimodellismo è il fatto che i razzi con motori di potenza medio-grande (dalla classe “E” in su) possono portare un carico utile (payload) non troppo pesante ed ingombrante, sufficiente ai più esperti per equipaggiare un modello con sofisticate strumentazioni, visto che le relative soluzioni tecnologiche, riguardanti specialmente l’elettronica e l’informatica, sono sempre più alla portata di molti.

La struttura caratteristica di un razzo medio-grande, nel caso specifico un modello a due stadi. Si noti la presenza di un vano di carico e di vari componenti non presenti in un piccolo monostadio.

I razzi rappresentano un ottimo mezzo per innalzare fino a decine, centinaia, se non migliaia, di metri di altezza una vasta gamma di piccoli carichi concepibili dalla vostra fantasia. Essi rientrano di solito nelle seguenti categorie: carichi passivi (acqua, sabbia), carichi biologici (insetti, piccoli animali), carichi ottici (fotocamere, videocamere), carichi elettronici (altimetri, timer, GPS, etc.), carichi speciali (uova).

Sono invece vietati a bordo grossi animali vivi e, in modo particolare, carichi esplosivi o sistemi di guida, che trasformerebbero il razzo in un missile. I carichi ottici/elettronici sono i più “stuzzicanti”, complice la diffusione dei componenti ed i prezzi ormai accessibili. Tuttavia, il campo della strumentazione è troppo vasto e complesso per poterlo trattare qui adeguatamente: perciò presentiamo solo degli spunti per apparati che potrete usare sui vostri razzi a scopo sperimentale o con intenti pratici.

L’applicazione di una macchina fotografica o di una microcamera con trasmettitore a bordo di un razzo (a destra) permette di ottenere delle straordinarie immagini aeree della zona di lancio. (cortesia Dany Flury) 

Per quanto riguarda i carichi ottici, per anni un modello commerciale di grande successo è stato il razzo AstroCam della Estes, che scattava una foto aerea a colori ad ogni volo. Immagini ben più spettacolari si possono ottenere oggi mediante una microcamera a colori installata a bordo, che attraverso un piccolo trasmettitore audio/video invia a terra un segnale visualizzabile in tempo reale su un monitor e registrabile con un videoregistratore o un PC.

Alcune delle possibili implementazioni di questa e di altre idee sono illustrate in vari siti web, e vari soci dell’ACME – Associazione Costruttori Micromissili Europei e punto di riferimento in Italia – hanno già applicato con successo una microcamera sui loro razzi. Sia che preferiate l’autocostruzione, sia che cerchiate sistemi già pronti, il consiglio è sempre lo stesso: prima di scegliere, navigate a lungo utilizzando i motori di ricerca, i link proposti dai siti di razzimodellistica, le dritte di altri appassionati di missilistica, radio o quant’altro.

Un piccolo e leggero trasmettitore audio-video con a sinistra una telecamera a colori CMOS. Come si legge nelle specifiche sopra riportate, il segnale è ricevibile con un normale televisore. (cortesia Paolo Cosetti)

Per quanto riguarda, invece, i carichi elettronici, uno dei più usati è un sistema che permetta l’accensione della carica di espulsione del paracadute all’apogeo, la quale nei razzi più grandi non può essere comandata direttamente dal motore né trovarsi vicina ad esso. La carica può essere attivata automaticamente da un altimetro, raggiunta la quota massima; oppure da un timer elettronico, trascorso un tempo prestabilito dal decollo; o, infine, da un comando radio inviato da terra.

Un altro dispositivo molto comune anche a bordo dei modelli di medie dimensioni è un sistema di radiolocalizzazione, che permetta di ritrovare il proprio razzo quando questo cade lontano, magari nel bel mezzo di un campo di grano. A tale scopo, si può porre sul razzo un radioemettitore di un segnale di presenza (beacon), che rende facilmente individuabile il punto di caduta con l’impiego a terra di un’antenna altamente direttiva e di un metodo di triangolazione ben noto a radioamatori e falconieri.

Un esempio di radiofaro (beacon) usato per localizzare il punto di caduta del razzo.

La moderna tecnologia consente ai dilettanti di razzi/aeromodellismo di realizzare una vera e propria telemetria (cioè trasmissione di dati a distanza) – come con i razzi reali o con le auto di Formula 1 – inviando a terra via radio, in tempo reale, le misure rilevate da speciali sensori. Esistono sensori per acquisire sia dati di volo (altitudine, accelerazione e velocità, rotazione intorno agli assi, etc.), sia dati sull’ambiente esterno o su eventi a bordo (temperatura, suoni, etc.).

In alternativa, i dati possono essere registrati in una sorta di “scatola nera” e letti, una volta a terra, attraverso led, display LCD, smartphone, tablet o collegamento a un PC. Per l’inseguimento remoto del modello lungo la traiettoria (tracking) – un modo “elegante” di misurare la velocità, la quota e soprattutto la posizione – si può usare un GPS (con i dati trasmessi via radio o letti da una microcamera che inquadra anche il display), o un radioemettitore e dei ricevitori a terra operanti in interferometria radio, o perfino un radar Doppler con trasponder.

La telemetria permette di analizzare graficamente i principali parametri di volo trasmessi a terra via radio dal razzo. Qui è mostrato l’andamento tipico dei tre parametri più comuni: l’altitudine, misurata da un sensore barometrico, l’accelerazione, misurata da un accelerometro, e la velocità, che si ottiene integrando la curva dell’accelerazione. Sul grafico si riconoscono le fasi di spinta e inerziale, nonché l’apertura dei paracadute secondario (drogue) e principale (main). 

Anche altri dispositivi permettono di ottenere preziose informazioni sul volo del proprio modello. Da terra, infatti, con normali videocamere – magari una fissa che inquadra l’intera traiettoria da lontano e un’altra con l’operatore che inquadra  in primo piano il razzo – si può facilmente seguire il volo di un piccolo modello (che non ce la fa ad ospitare un carico e non vola mai troppo alto).

Attraverso un’analisi al computer dei filmati, frame per frame, si può avere una valutazione numerica delle prestazioni del modello riguardo i tempi (totale di volo, durata della fase di spinta, di salita, di discesa), e addirittura anche grafica riguardo la traiettoria seguita, le velocità e le accelerazioni (poiché si conosce il numero di frame al secondo di una ripresa). Dati simili si ottengono, in suggestivi lanci notturni, con un flash lampeggiante a bordo del razzo e una foto a lunga posa della sua traiettoria. I filmati, però, sono pure un bel ricordo e aiutano a stabilire dove è caduto il modello.