Una delle più grandi scoperte scientifiche del XX secolo è quella dei cosiddetti “aggregati di carica di elettroni ad alta densità” (HDCC) e dei loro usi. La tecnologia HDCC è stata scoperta e sviluppata in modo indipendente dal fisico Kenneth Shoulders (Stanford Research Laboratory, USA), considerato il padre della moderna nanoelettronica, e da molti altri nel mondo. Gli aggregati di carica si possono creare in gas a bassa pressione, nell’atmosfera, nel vuoto e in liquidi in condizioni speciali. Possono essere sfruttati per accelerare particelle e trasmutare atomi – nonché per produrre energia – con apparecchi da tavolo.
Tutti noi conosciamo o abbiamo visto le valvole elettroniche a vuoto, chiamate semplicemente “valvole”. Sono state usate, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta, in radio, televisori e altri dispositivi elettronici. I metalli presenti nelle valvole venivano usati come filamenti, i quali emettevano elettroni quando venivano riscaldati. Tali materiali esibiscono una luminescenza in funzione della tensione.
In molte delle ricerche svolte sui metalli delle valvole, infatti, è stato riscontrato che la luminescenza aumentava con la tensione fino allo stadio in cui gli elettrodi cominciavano a “scintillare”. Ci si rese immediatamente conto che un elettrodo scintillante non avrebbe prodotto la luminescenza desiderata, eppure non c’era interesse nel determinare il motivo per cui tale scintilla si fosse verificata.
In un caso, si è perfino riscontrato che il liquido elettrochimico utilizzato aveva alla fine un elemento che non era presente nel liquido originale. Ma poiché agli scienziati veniva (e viene tuttora) insegnato che le reazioni nucleari possono avvenire solo con alte energie – le Low Energy Nuclear Reactions (LENR) sono una scoperta recente – questa misurazione fu classificata come “contaminazione evidente”.
Se uno di questi numerosi ricercatori avesse riflettuto sul perché un metallo dovesse produrre una scintilla visibile sulla sua superficie, allora la storia attuale della scoperta degli aggregati di carica di elettroni ad alta densità (HDCC) sarebbe stata diversa. Il messaggio a tutti coloro che fanno una ricerca significativa è di non ignorare le prove, specialmente i risultati inaspettati che contraddicono la propria ipotesi-guida.
Il primo lavoro di scoperta di Shoulders
Uno dei migliori sperimentatori di laboratorio al mondo è stato senza dubbio il fisico Kenneth R. Shoulders (1927-2013). Shoulders è stato il primo a scoprire e ottenere un brevetto utilizzando la tecnologia HDCC. La tecnologia è stata scoperta e sviluppata in modo indipendente anche da Stan Gleeson negli Stati Uniti, Alexander Ilyanok in Bielorussia, e Mesyats e Baraboshkin a Ekaterinburg, in Russia.
Il fisico sperimentale Kenneth Shoulders, in una foto del 1993.
Quando il suo consulente in materia di brevetti lo avvertì che c’era una forte probabilità che la sua domanda di brevetto venisse classificata come segreta dai funzionari governativi che esaminavano nuove scoperte, Shoulders rispose scrivendo un libro che dettagliava gran parte del lavoro sperimentale che aveva realizzato: “EV, A Tale of Discovery”, pubblicato e reso disponibile dall’autore.
Shoulders usa il termine EV per questi affascinanti aggregati di carica, in pratica piccole sfere di carica elettrica, o se preferite dei fulmini globulari in miniatura. La sigla “EV” sta per electrum validum, espressione in latino per “forte carica”. Successivamente le ribattezzò EVO (Exotic Vacuum Object, o oggetto vuoto esotico) dopo essersi convinto del loro legame con l’energia del “vuoto”. A causa dell’uso frequente della sigla EV per i veicoli elettrici, può però essere preferibile il termine HDCC.
Quindi, subito dopo aver depositato la domanda di brevetto, egli spedì copie del libro a un elenco di diversi scienziati in vari paesi. Come previsto, l’invenzione fu classificata, ma quando i funzionari dell’ufficio brevetti chiesero chi aveva ricevuto il suo libro, rispose: “è stato un peccato che il computer abbia mangiato l’elenco degli indirizzi”. I funzionari decisero così di rinunciare alla classificazione.
Per la cronaca, i brevetti concessi a Shoulders sono: lo US 5153901 “Production and manipulation of charged particles” (concesso nel 1992 in aggiornamento al suo US 5054046, e che trovate qui); lo US 5148461 “Circuits responsive to and controlling charged particles” (concesso nel 1992 in aggiornamento del suo US 5054047, e che trovate qui); lo US US 5123039A “Energy conversion using high charge density” (concesso nel 1992, in aggiornamento al suo US 5018180A, e che trovate qui).
La descrizione di un dispositivo per creare un aggregato di carica di elettroni ad alta densità, come appare sulla prima pagina di un brevetto di Shoulders.
Il lavoro di Kenneth Shoulders sugli aggregati di carica che emerge dai brevetti e dal suo libro è stato ritenuto, già all’epoca, così significativo che egli fu nominato candidato sia per il Premio Nobel per la Fisica sia per quello di “Scienziato dell’anno nel 1997”. Probabilmente Shoulders ha fatto il suo miglior lavoro sperimentale dimostrando le anomalie energetiche dei fulmini globulari microscopici, che è un modo molto semplicistico ma intuitivo di descrivere gli aggregati di carica.
Shoulders, prima di scoprire gli aggregati di carica, aveva sviluppato gran parte della moderna tecnologia dei microcircuiti. Ha lavorato allo Stanford Research Institute (SRI) International per 10 anni come staff scientist e ha aperto un campo nuovo, chiamato nano-elettronica del vuoto. All’SRI inventava e costruiva gli strumenti specializzati, come ad es. spettrometri avanzati, di cui aveva bisogno. Come Nikola Tesla, a un certo punto fece per caso una scoperta che potrebbe rendere obsoleta la sua opera precedente.
Intorno al 1980, infatti, fu introdotto dai fisici dell’Istituto Stevens di Hoboken, nel New Jersey, a delle strane serie di particelle, che gli scienziati chiamano filamenti a vortice (vortex filaments). Dopo aver lavorato su di essi per un po’, Shoulders scoprì che non erano affatto archi, essendo tanto larghi quanto lunghi. Si presentavano come stringhe sugli strumenti della maggior parte dei ricercatori solo perché questi ultimi non potevano fermare il movimento di questi “oggetti” estremamente veloci.
Quando Shoulders imparò come ottenere immagini chiare di tali “oggetti”, scoprì che erano strutture a forma di cordoncino. Il nome più semplice per loro era aggregati di carica di elettroni. Un tale aggregato di carica è un ammasso fitto di almeno 100 milioni di elettroni. Egli trovò poi il modo di creare le condizioni in cui gli elettroni si liberano dai loro nuclei e si uniscono in aggregati a forma di anello notevolmente stabili. Lo definì “l’effetto elettronico più selvaggio che tu possa mai vedere”.
Formazione e struttura di un singolo aggregato di carica.
Ciò che ha meravigliato Shoulders è che queste piccole entità sembrano quasi avere un’intelligenza, poiché si auto-organizzano. Gli aggregati sembrano formarsi in varie dimensioni ma sono uniformi nell’organizzazione e nel comportamento. Spesso, sembrano una collana di piccolissime ciambelle. “È una sorta di legge della natura che non ci è ancora stata chiarita”, ha detto una volta Shoulders.
Un aggregato di carica, in pratica, è un fascio discreto di elettroni, autonomo, carico negativamente. Il contenimento deve essere dovuto ai campi elettromagnetici stabilitisi tra gli elettroni all’interno del fascio, in base alle molte osservazioni di Shoulders sul comportamento di tali entità. Ciò, ovviamente, è in forte contrasto con un fascio di elettroni convenzionale, in cui il contenimento degli elettroni è dovuto a un campo elettrostatico esterno o ad un campo magnetico esterno.
Per descrivere il danno che fanno questi aggregati di carica quando colpiscono un bersaglio di alluminio ossidato, Shoulders disse: “Usando una normale interpretazione basata sul calore, per raggiungere questi effetti sarebbe necessario un gradiente termico nel materiale superiore a 26.000 °C per micrometro. Ciò suggerisce che 26.000 °C sarebbe la temperatura necessaria per fondere un buco pulito attraverso un materiale con un punto di fusione di 2.600 °C. Le fotografie qui sotto, che mostrano un cratere da impatto nell’alluminio, sono state presentate da Shoulders nel 2005 a una conferenza del MIT.
Fotografie di un cratere da impatto di un aggregato di carica (abbreviato con “EV”) nell’alluminio.
La creazione di aggregati e le loro caratteristiche
Le caratteristiche primarie di un aggregato di carica includono: (1) le sue dimensioni relativamente ridotte (ad esempio, nell’ordine di un micron come dimensione laterale, ma può essere più grande o piccolo appena 0,1 micrometri); e (2) un’alta carica di elettroni “non compensata” (cioè, senza ioni positivi, o almeno con un limite superiore di uno ione per 100.000 elettroni), tipicamente dell’ordine di 1011 elettroni (100 miliardi di elettroni), mentre la sua carica minima osservata è di 108 cariche di elettroni.
La densità di carica di un aggregato di carica si avvicina alla densità media di un solido, vale a dire, è dell’ordine di 6,6 x 1023 cariche di elettroni / cm, ma senza che la carica spaziale sia neutralizzata dagli ioni o abbia un moto elettromagnetico relativistico. La velocità raggiunta da un aggregato di carica sotto campi elettrici applicati (dell’ordine di 1/10 della velocità della luce) indica che in esso il rapporto carica-massa è simile a quello di un elettrone, e la deflessione di aggregati di carica da parte di campi di polarità nota mostra che tali aggregati rispondono come elettroni, cioè come entità con carica negativa.
La forma di un aggregato di carica è molto probabilmente generalmente sferica, ma può essere toroidale, e potrebbe avere una struttura fine. Come schematicamente illustrato nella figura qui sotto, un aggregato di carica può essere raffigurato come avente una sfera centrale di elettroni autonomi, circondata da un campo elettromagnetico. L’accoppiamento fra aggregati di carica produce strutture quasi stabili. Pertanto, aggregati di carica singoli vengono raramente osservati.
Struttura schematica di un aggregato di carica secondo il brevetto di Shoulders.
Il Dr. Shang Xian Jin ha fatto alcuni tentativi per descrivere matematicamente un HDCC. Con il suggerimento di Shoulders che la forma del singolo HDCC avrebbe dovuto essere un toroide, Jin fu in grado di dimostrare che gli elettroni che circolavano attorno a un toroide potevano produrre un campo magnetico sufficientemente grande all’interno del toroide per stabilizzare il flusso di elettroni.
Si noti che gli aggregati di carica possono essere creati praticamente ovunque, ma il vuoto era semplicemente più utile per Shoulders perché gli permetteva di analizzarli. Ma gli aggregati di carica possono esistere anche in un solido, come forse succede in alcuni esperimenti di fusione fredda. Gli aggregati di carica sono entità molto onnipresenti, che puoi toccare, maneggiare: una piccola scintilla – come succede a volte quando tocchi la carrozzeria della tua auto – et voilà, li avrai creati.
Se infatti vai a guardare attentamente dove il veicolo è stato colpito dalla scintilla, porti via quel pezzo di carrozzeria, lo analizzi con un microscopio elettronico, troverai tutti i tipi di segni che lo testimoniano e che sembrano esattamente simili a quelli trovati da Shoulders nei suoi esperimenti di laboratorio.
Dovrebbe poi essere sottolineato il fatto che, come Shoulders dice in un un suo brevetto, “sebbene un aggregato di carica sia un fascio autonomo di elettroni, esso preferisce ‘interagire’ con altri oggetti – come ad esempio altri aggregati di carica, dielettrici ed elettrodi – anziché viaggiare da solo, e tende a sparire dopo un certo periodo di tempo se non c’è nulla con cui interagire”.
Gli aggregati di carica hanno, ad esempio, la tendenza a collegarsi come perline in una catena, dove sono liberi di ruotare o attorcigliarsi l’un l’altro sotto l’influenza di forze interne o esterne (v. figura qui sotto). Le catene, che sono chiuse, formano strutture ad anello con un diametro di 20 micrometri. Sebbene non siano vortici o filamenti, tali anelli possono formare catene – questa volta di anelli, non di singoli aggregati di carica – che possono anche unirsi e allinearsi reciprocamente in modo relativamente ordinato.
Gli aggregati di carica in una catena, secondo il brevetto di Shoulders. Si possono individuare 10 aggregati di carica, generalmente in uno schema circolare.
La spaziatura delle perline costituite da aggregati di carica posti in una catena è, normalmente, uguale approssimativamente al diametro delle singole perle. La distanza fra un anello della catena e un altro è dell’ordine del diametro dell’anello. Un solo anello micrometrico di 10 perle, o aggregati di carica, che è il numero tipico di perline in una catena, può includere 1012 (cioè mille miliardi di) cariche di elettroni. Le singole perline possono essere osservate all’interno di un anello della catena.
L’aggregato di carica si forma e si propaga verso l’anodo ogni volta che la tensione in corrente continua (DC) o impulsiva supera una certa soglia. Le catene di aggregati di carica sembrano essere aggrovigliate quando vengono emesse dal catodo, ma si riorganizzano automaticamente in anelli. Inoltre, le catene di aggregati di carica colpiscono una superficie senza rotazione, traslazione o inclinazione.
Un aggregato di carica, che è per sua natura un plasma di elettroni non neutro, è fortemente legato, con la forza legante tra le sfere degli aggregati di carica collocati in una catena che è invece più debole, ed infine la forza del legame tra le catene di perle che è ancora più debole. Tuttavia, tutte queste energie di legame sembrano essere più grandi delle energie di legame dei materiali.
Un aggregato di carica può anche essere concepito come una sorta di atomo senza nucleo, o come un oscillatore monopolare sferico. Gli aggregati di carica sono dei “plasmoidi elettronici non neutri”che contengono vari livelli di energia legante, che superano quella degli atomi e consentono nuovi tipi di reazioni con la materia, dal che si capisce quanto sia notevole la loro importanza.
Il Dr. Alexander Ilyanok ha descritto scoperte simili a quelle di Shoulders, che ha fatto indipendentemente, ed ha trovato le stesse strutture da 20 micron e 50 micron degli aggregati di carica di elettroni ad alta densità (HDCC). È un mistero perché la natura fornisca stabilità solo agli aggregati di queste dimensioni. La successiva scoperta indipendente degli aggregati di carica ad alta densità è stata ottenuta dal russo Mesyats, lavorando in collaborazione con Baraboshkin.
La creazione di aggregati ed i legami con altri effetti
Kenneth Shoulders, lavorando con gas a bassa pressione, scoprì che, in determinate condizioni (ad es. con brevi impulsi di energia elettrica in ingresso), si poteva formare un HDCC in modo diretto e controllato. Le sue scoperte hanno coinvolto molte manifestazioni degli aggregati di carica di elettroni ad alta densità, tra cui la struttura, le dimensioni (ad es. il diametro di 20 μm di una collana) e la particolare quantizzazione per cui l’energia aggiuntiva crea strutture HDCC con un diametro di 50 μm.
La figura qui sotto è presa da uno dei brevetti di Shoulders, e illustra il dispositivo per generare aggregati di carica nella sua implementazione più semplice. Mostra un elettrodo appuntito posto su una superficie dielettrica supportata da una piastra conduttrice. Un impulso DC “a rapida salita” viene applicato all’elettrodo e una catena di aggregati di carica passa tra “A” e “18”. Un bersaglio sotto forma di un sottile foglio di metallo con vari rivestimenti può essere posizionato su “A”.
Una delle implementazioni del generatore di aggregati di carica brevettato da Shoulders.
È possibile generare un aggregato di carica sulla punta di un elettrodo appuntito quando viene applicata una grande carica negativa (2-10 kV). Una piastra dielettrica (preferibilmente quarzo fuso o allumina, tipicamente di 0,25 mm di spessore) è collocata tra il catodo emettitore e l’anodo del collettore. L’aggregato di carica emette una striscia di luce mentre si muove lungo la superficie del dielettrico e impartisce una carica superficiale localizzata sulla piastra dell’anodo. A meno che questa carica non venga dispersa, farà sì che il prossimo aggregato segua un altro percorso.
Una lastra di metallo di prova (witness plate) può essere posizionata fra il catodo e l’anodo per intercettare gli aggregati di carica, e subirà danni visibili dal loro impatto. Tale lastra serve quindi a rilevare ed a localizzare tali entità, anche se queste sono invisibili. Ulteriori informazioni su come realizzare un generatore sono fornite nel mio articolo Come fare un generatore di “aggregati di carica”.
L’esame al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) del bersaglio viene utilizzato per fornire prove di un’avvenuta interazione. I piccoli crateri prodotti sono il risultato di impatti di aggregati di carica, e l’analisi delle dimensioni e della topologia di queste penetrazioni indica la quantità di energia depositata sulla lamina di destinazione. Inoltre, l’analisi delle abbondanze degli elementi chimici presenti nel punto dell’impatto può rivelare se vi siano state delle reazioni nucleari o meno.
Microfotografia, fatta con un microscopio elettronico, dell’impatto sul bersaglio di un aggregato di carica che ha causato una vigorosa esplosione (a sinistra) ma anche cambiamenti nucleari misurabili con la microanalisi ai raggi X (a destra). (fonte: Shoulders, 1996)
In effetti, l’energia associata agli aggregati di carica è notevole ed essi possono in pratica fungere da semplici quanto potenti acceleratori di particelle (v. il mio articolo Un sistema da tavolo per trasmutare gli atomi), per cui possono offrire una via per la creazione di Reazioni Nucleari a Bassa Energia e, se queste ultime sono esotermiche, potenzialmente di energia pulita a bassissimo costo. Gli aggregati di carica potrebbero anche essere un meccanismo di innesco fondamentale in tutti i reattori LENR.
Shoulders ha anche scoperto il legame tra gli aggregati di carica di elettroni ad alta densità e quelli che alcuni chiamano “energia di punto zero” quando ha cercato di scoprire cosa avrebbe potuto fornire la grande quantità di energia necessaria per far raggruppare gli elettroni. Gli aggregati di carica, infatti, sono molto potenti: possono perforare le piastrelle di ceramica senza perdere forza.
Lavorando nel suo laboratorio di casa con suo figlio Steve, Ken Shoulders ha continuato a fare progressi. Quello che hanno visto al microscopio è un altro mondo, il quale suggerisce macchine del futuro che saranno migliaia di volte più potenti delle nostre attuali macchine. Shoulders è stato il primo a ottenere un brevetto sulla produzione di energia basato sull’“energia di punto zero”: Energy conversion using high charge density. Ma, a differenza di altre invenzioni per produrre energia, gli aggregati di carica non hanno bisogno di campi magnetici o di basse temperature per funzionare.
Shoulders si interessò agli esperimenti di levitazione / distruzione di metalli di John Hutchison. L’effetto del trattamento elettrico di metalli di Hutchison include la piegatura, la triturazione, la fratturazione e la fusione di strutture senza calore. In seguito, i campioni di metallo mostrano la prova di ciò che Shoulders riconobbe come segni di Exotic Vacuum Object (EVO). Shoulders riteneva che la comune “base energetica” dell’effetto Hutchison, della fusione fredda e di altre tecnologie è l’aggregazione di elettroni.
Un utensile ritorto come se fosse di gomma grazie all’effetto Hutchison.
Secondo Shoulders, nel più semplice dei metodi di formazione degli EVO, gli elettroni sono estratti da un conduttore tramite tunneling meccanico-quantistico quando si applicano campi sufficientemente alti da superare ciò che si può definire come il “limite di emissione della carica spaziale”. In questa regione di carica trans-spaziale, gli elettroni vengono emessi come un flusso coerente di fluido avente una densità uguale a quella del reticolo del conduttore, perciò dell’ordine del numero di Avogadro.
Le proprietà simili a un fluido di questo flusso emergente, insieme a quelle accidentali delle forze elettrodinamiche, determinano quanta emissione si verifica prima di estinguersi, nonché le dimensioni e la forma sferica dei singoli EVO emergenti, come pure le proprietà di tale flusso di produrre i gruppi legati e intrecciati degli aggregati di carica emessi. In questo scenario, le proprietà degli EVO sono sempre esistite entro i confini del reticolo del conduttore. Quando la sostanza elettronica viene estratta dal reticolo da campi intensi, deve venire trovata una nuova forma quale contenitore.
Shoulders discusse l’idea degli EVO con il professor Richard Feynman, premio Nobel per la Fisica, che inizialmente la liquidò come una pazzia, ma che in seguito scrisse che c’era una spiegazione e qualche lavoro anteriore, e che la teoria EVO era corretta. In effetti, c’è stato anche un lavoro sulla base teorica degli EVO scritto dal noto fisico Hal Puthoff, che collaborò a lungo con Shoulders.
L’abstract del citato lavoro di Puthoff e Pietrstrup è il seguente: “L’osservazione in laboratorio della filamentazione ad alta densità o del raggruppamento di carica elettronica suggerisce che, in certe condizioni, una forte repulsione di Coulomb può essere superata da forze coesive di natura ancora imprecisata. Seguendo un precedente suggerimento di Casimir, indaghiamo qui sulla possibilità che le forze di Casimir possano portare le cariche all’aggregazione del tipo osservato, e concludiamo che tali forze possono giocare un ruolo nella generazione di effetti robusti ad alta densità di carica”.
Shoulders ha appreso le caratteristiche degli HDCC nel proprio laboratorio autofinanziato, quindi la sua ricerca non è di proprietà di alcuna istituzione. Tuttavia, la scienza convenzionale ha difficoltà ad accettare l’esistenza degli aggregati di carica perché viola una legge della fisica: dato che tutti gli elettroni hanno una carica negativa, la scienza convenzionale dice che dovrebbero respingersi l’un l’altro per repulsione colombiana, e non raggrupparsi come invece si osserva sperimentalmente.
La nota repulsione coulombiana fra cariche dello stesso segno.
Ovviamente, è importante spiegare perché un ammasso di circa 100 milioni di elettroni non si disfa per repulsione reciproca. Ma tale tema è affrontato nel mio articolo La fisica dell’E-Cat: viaggio nei segreti del reattore, al quale rimando senz’altro il lettore. Invece, il problema del perché gli aggregati di carica di elettroni ad alta densità siano quantizzati dal punto di vista delle dimensioni (da 0,5 a 3 μm per quelli singoli; 20 e 50 micron per le collane di HDCC), non è stato ancora risolto.
Applicazioni della tecnologia degli aggregati di carica
È attualmente noto, ed esistono pubblicazioni, sul fatto che la tecnologia degli “aggregati di carica di elettroni ad alta densità” (HDCC) – considerando sia esperimenti con gas a bassa pressione sia nei liquidi:
- Può produrre energia termica ed elettrica in eccesso rispetto all’energia in ingresso.
- Può essere usata per ridurre la radioattività nei liquidi radioattivi.
- Può creare reazioni nucleari a basse energie (e dunque anche trasmutazioni atomiche).
- È coinvolta in altre scoperte di “nuove energie”.
- Ottiene la sua energia in eccesso sfruttando la “radiazione di punto zero del vuoto”.
Come si può intuire, la più grande fonte di nuova energia del 21° secolo deriverà dall’ulteriore sviluppo e commercializzazione di questa tecnologia, già usata da dispositivi brevettati in corso di sviluppo. La capacità di ottenere energia sfruttando la “radiazione di punto zero del vuoto” significa che questa importante scoperta diventerà una fonte importante di energia non inquinante ed economica.
In generale, usando l’HDCC e altri dispositivi di “nuova energia”, ci sarà un cambiamento radicale nel modo in cui il mondo produce e distribuisce energia. Considerando che le dimensioni del mercato dei combustibili fossili ammontano a 4,5 trilioni di dollari l’anno, si prevede che nel prossimo decennio questa che è una delle tecnologie energetiche più importanti si diffonderà in tutto il mondo.
Non è difficile prevedere che gli investitori e le società coinvolte in questa tecnologia prospereranno economicamente, anche se occorreranno circa un decennio e notevoli investimenti per penetrare solo il dieci percento dell’attuale mercato energetico. Ma le applicazioni non si limitano al settore energetico. Ecco alcuni degli sviluppi previsti che verranno realizzati entro i prossimi anni:
- L’uso di cluster di carica ad alta densità (HDCC) per stabilizzare i rifiuti radioattivi.
- La commercializzazione di dispositivi HDCC per la produzione di energia termica e/o elettrica.
- Lo sviluppo di sistemi elettrici da installare in veicoli elettrici per caricare o sostituire le batterie (creando veico a inquinamento-zero).
- La commercializzazione di metodi economici per produrre elementi chimici scarsi da elementi più abbondanti.
- La produzione di acqua per uso agricolo da acqua di mare o da altre acque salmastre.
Trasmutazione indotta attraverso l’impatto di aggregati di carica. La figura mostra l’impatto di un aggregato + ioni su un solido radioattivo e la conseguente fissione degli elementi interessati.
Sebbene la scienza della trasmutazione con sistemi a bassa energia sembri impossibile e nuova per noi oggi, in realtà non lo è: diversi ricercatori potrebbero aver già ottenuto risultati decenni prima, ma essere stati ignorati perché la scienza mainstream la considerava a priori “impossibile”. Ho mostrato come sia possibile realizzare a casa trasmutazioni nel mio articolo Come realizzare una trasmutazione “impossibile”.