Come rivelare le microplastiche nell’acqua

Le microplastiche sono pezzi estremamente piccoli (meno di 5 mm) di detriti di plastica derivanti dallo smaltimento e dalla distruzione di prodotti di consumo e rifiuti industriali. L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) definisce le particelle di microplastica come particelle con dimensioni da 5 mm a 1 nm. Ogni ciclo di lavaggio con lavatrice può rilasciare 700.000 microplastiche nell’ambiente, per cui beviamo, mangiamo e respiriamo microplastiche ogni giorno. Quanta microplastica bevi quotidianamente con la tua acqua? Scoprilo con il metodo di osservazione e analisi illustrato in questo articolo.

L’83% dei campioni di acqua di rubinetto di 14 Paesi esaminati di recente dalla Orb Media – una organizzazione no-profit di giornalismo – in 5 diversi continenti (Cuba, Ecuador, Francia, Germania, India, Indonesia, Irlanda, Italia, Libano, Slovacchia, Svizzera, Uganda, Regno Unito e Stati Uniti) è risultato essere contaminato da fibre di plastica microscopiche. Il numero medio di fibre di plastica nell’acqua di rubinetto nel 2017 era, per 500 ml di acqua, di 1,9 in Europa e di 4,8 negli Stati Uniti.

Inoltre, dall’analisi di 259 bottiglie d’acqua in 9 Paesi diversi (fra cui la Evian e la San Pellegrino) è emersa una media per litro di 10 particelle di plastica del diametro uguale o maggiore a un capello umano, qualsiasi fosse la marca delle bottiglie. Inoltre, nei campioni di acqua minerale analizzati è stata trovata un’elevata concentrazione di microparticelle più piccole (dai 6,5 ai 100 micron), in media 314 per litro, rilevate grazie a una tecnica più sofisticata, e si presume che siano anche queste delle microplastiche.

Fibre di plastica microscopica trovate nell’acqua di rubinetto.

Sulla base delle attuali capacità analitiche, le dimensioni delle particelle misurate nell’acqua potabile possono essere piccole quanto 1 µm. Ciò non implica che particelle più piccole di 1 µm non si trovino nell’acqua potabile, ma il rilevamento è limitato dai metodi attualmente disponibili. Frammenti e fibre sono i tipi di particelle predominanti trovati nell’acqua potabile, mentre nell’acqua dolce la forma delle particelle varia ampiamente, e frammenti, fibre, film, schiuma e pellet sono le forme più frequente.

PP, PE, PS, PVC e PET sono i polimeri rilevati più frequentemente, un ordine che approssimativamente concorda con i rispettivi volumi di produzione. Oltre al volume di produzione, la densità polimerica è un fattore chiave nel determinare quali particelle potrebbero essere rilevate in studi che campionano lo strato superiore dell’acqua. Nell’acqua in bottiglia, ci sono alcune prove che la presenza di microplastica sia almeno in parte attribuibile al processo di imbottigliamento e/o al confezionamento.

Vari tipi di microplastiche un po’ più grandi.

Un totale di nove studi ha misurato le microplastiche nell’acqua potabile. Le concentrazioni di particelle riportate nei singoli campioni variavano da 0 a oltre 10.000  particelle / L ed i valori medi variavano da circa 0,001 particelle / L in uno studio sull’acqua potabile derivata da acque sotterranee a oltre 1.000 particelle / L. In generale, le acque sotterranee sono ben protette dalla contaminazione da particolato. Allo stesso modo, il trattamento convenzionale dell’acqua potabile dovrebbe fornire una barriera efficace per una vasta gamma di dimensioni di particelle, in particolare per quelle più grandi.

L’analisi per le microplastiche nei campioni ambientali

Storicamente, l’analisi per le microplastiche si è concentrata su campioni ambientali. Tuttavia, non esiste attualmente un metodo standard per il campionamento e l’analisi delle microplastiche nell’ambiente. Il campionamento e l’analisi prevede tre passaggi complessi: (1) campionamento; (2) estrazione del campione e isolamento; e (3) identificazione, caratterizzazione e quantificazione.

Il mezzo ambientale in esame (ad es. acqua, fanghi di depurazione o effluente) determina le procedure richieste per il campionamento e la preparazione. I metodi per l’acqua potabile sono derivati da quelli utilizzati nei campioni di acqua ambientale, ma pochi studi sono stati condotti e, di nuovo, attualmente non c’è accordo su un metodo standard che faciliti il confronto dei risultati.

Cominciamo con l’illustrare come si effettua il campionamento. I campioni di microplastica possono essere acquisiti usando reti da traino apposite (tipicamente da 300 µm) attraverso la superficie dell’acqua o attraverso la raccolta di campioni d’acqua da cui le particelle vengono estratte in seguito. Segue la fase della purificazione. La purificazione iniziale del campione generalmente comporta la filtrazione, seguita da una sorta di processo di estrazione come la separazione della densità.

Tabella delle densità di alcuni comuni polimeri plastici.

In questa purificazione iniziale, i campioni vengono miscelati con un liquido di densità definita, consentendo alle particelle di microplastica di galleggiare e alle particelle più pesanti da affondare. Un’ulteriore purificazione può richiedere metodi chimici o enzimatici per rimuovere la parte organica od i contaminanti inorganici (biofouling). L’entità della preparazione dipende dalla natura dei campioni: i campioni più sporchi richiederanno una maggiore preparazione.

Le microplastiche vengono a questo punto recuperate dal surnatante (cioè dalla parte liquida separata da quella solida sedimentata) e filtrate o setacciate. Il concentrato può essere ordinato visivamente prima della quantificazione mediante conteggio microscopico con o senza etichettatura usando i coloranti, ma nessuno di questi metodi può inequivocabilmente confermare che le particelle sono di plastica.

Durante tutto il processo di campionamento e analisi a livello professionale, devono essere previsti dei controlli accurati evitare la contaminazione, poiché le microplastiche sono onnipresenti nell’ambiente. Sono disponibili tre diversi approcci per determinare la composizione chimica e/o la dimensione delle particelle di plastica: spettroscopico, termoanalitico e chimico.

I metodi spettroscopici vengono utilizzati per identificare la struttura chimica specifica dei polimeri confrontando i loro spettri di assorbimento o emissione con spettri di riferimento. La Spettroscopia Infrarossa con la Trasformata di Fourier (FTIR) è una tecnologia consolidata, relativamente veloce e affidabile e, se associata alla microscopia, è in grado di identificare le particelle di circa 10–20 µm, come la spettroscopia Raman. Entrambe, però, richiedono una strumentazione costosa.

Identificazione delle microplastiche grazie alla spettroscopia Raman.

Con i metodi termoanalitici, il campione viene pirolizzato in condizioni inerti, in modo che possono essere analizzati specifici prodotti di decomposizione dei singoli polimeri. Questi metodi tendono a richiedere masse di particelle maggiori rispetto ai metodi spettroscopici. La gascromatografia con pirolisi / spettrometria di massa può fornire informazioni sugli additivi e sul polimero, e se il campione è abbastanza grande, può identificare il composizione polimerica di particelle nanoplastiche.

I metodi chimici convenzionali, come la spettrometria di massa al plasma accoppiata induttivamente, possono essere usati per scomporre i campioni e rilevare frammenti specifici di polimeri o elementi. Ancora una volta, questi tendono a richiedere masse di particelle più grandi. Appositi pacchetti software sono spesso utilizzati negli studi di identificazione e spettroscopici per riconoscere e contare le particelle e caratterizzare le particelle confrontandole con gli spettri presenti in biblioteca.

Le dimensioni, la forma e il tipo di polimero sono caratteristiche delle microplastiche che possono influenzare come sono trasportate nell’acqua e possono avere implicazioni per la loro tossicità e per l’efficacia del trattamento dell’acqua potabile. Le dimensioni più piccole delle particelle misurate in acqua dolce sono determinate dalla dimensione della maglia della rete a strascico, che in genere è di 300 µm, sebbene siano stati condotti alcuni studi con delle maglie più fini.

Si noti che, come esperimento per gli studenti di ecologia, è possibile monitorare il movimento di microsfere fluorescenti all’interno di un ambiente microcosmico, come ad esempio un piccolo ecosistema acquatico. Ci si può procurare microsfere di polistirene fluorescente (PSF-005UM), del diametro 5 μm (o 0,1 mg, o 0,1 ml), per 90 euro da Magsphere; una fonte alternativa di particelle di polistirene acquoso fluorescente verde – Thermo ScientificTM (G0500B) – è la Thermo Fisher Scientific.

Microplastiche rese fluorescenti con il colorante Rosso Nilo e in seguito utilizzate per un esperimento di ingestione da parte di micro-organismi acquatici.

La rivelazione delle microplastiche nell’acqua potabile

Dal momento che l’acqua potabile e l’acqua in bottiglia sono mezzi relativamente puliti, per quanto riguarda la parte della purificazione i passaggi richiesti per altri campioni ambientali possono non essere necessari. Pertanto, l’analisi delle microplastiche nell’acqua minerale in bottiglia, seguita da quella dell’acqua di rubinetto, è senza dubbio più facile rispetto a quella di altri tipi di acque.

Ecco alcuni consigli su come dovrebbe essere effettuata l’analisi di tali acque. Ove possibile, il materiale plastico dovrebbe essere evitato per il campionamento e le analisi. Le superfici di laboratorio devono essere accuratamente pulite con acqua filtrata per evitare contaminazioni. I dati devono essere riportati come numero di particelle / L e massa / L insieme ai loro limiti di rilevazione. È necessario specificare le dimensioni minime e massime delle particelle e, ove possibile, le morfologie.

Un microscopio binoculare a fluorescenza in vendita qui e (sotto) i vari tipi di microscopi più economici (che trovi qui) utilizzabili per l’osservazione delle microplastiche.

I dilettanti, dunque, faranno meglio a non filtrare il campione se non dopo la colorazione, per non rischiare contaminazioni, L’abbondanza di microplastiche viene in genere stimata tramite un conteggio al microscopio, eseguibile con vari tipi di apparecchi, tra cui un normale microscopio binoculare, un microscopio elettronico a scansione, un microscopio da dissezione, uno stereomicroscopio e un microscopio a fluorescenza. Naturalmente, il microscopio elettronico e quello a fluorescenza non sono alla portata di un dilettante.

I diversi studi in letteratura hanno esaminato diverse gamme di dimensioni delle particelle e hanno adottato tagli (cut-off) differenti per riportare le dimensioni delle particelle. Gli studi in genere utilizzavano un filtro con maglie o dimensioni dei pori inferiori a 10 µm e in alcuni casi hanno caratterizzato particelle piccole fino a 1 µm. Nel contesto dell’acqua potabile, è stato suggerito un taglio arbitrario a 100 µm di lunghezza per distinguere le particelle grandi dalle particelle piccole.

Riassunto di studi recenti sulle microplastiche nell’acqua potabile.

In un normale microscopio ottico da biologia, un obiettivo 10x ha una risoluzione di 0,7 micron e un obiettivo 100x ha una risoluzione di 0,2 micron. Tuttavia, obiettivi con ingrandimento più elevato guardano campi visivi più piccoli, in proporzione al loro ingrandimento. Spesso si scattano foto utilizzando una camera CCD al microscopio e le si proietta su un monitor. L’uso di un monitor più grande può certamente ingrandire ulteriormente l’immagine, ma ciò non migliorerà la risoluzione.

Per appurare la presenza di microparticelle di plastica nell’acqua in bottiglia, i ricercatori contattati da Orb Media, anziché osservare direttamente il campione di acqua al microscopio, hanno optato per l’utilizzo di un colorante, il Rosso Nilo, in grado di legarsi alla plastica e di renderla fluorescente a determinate lunghezze d’onda. I campioni di acqua sono poi stati filtrati in modo da isolare le microparticelle più grandi di 100 micron, cioè più o meno il diametro di un capello umano.

Il colorante Rosso Nilo e la sua formula chimica.

L’analisi su queste particelle ha confermato la loro composizione: plastiche di diverso tipo, in una concentrazione media di 10 microparticelle per litro di soluzione. Noi, quindi, possiamo fare altrettanto – cioè rendere le particelle fluorescenti – ma, poiché non disponiamo di un’apparecchiatura per la spettroscopia, possiamo osservare al microscopio le microplastiche illuminate con luce UV e procedere al loro conteggio in modo simile a quanto si fa per le colonie batteriche (vedi qui).

La soluzione madre di Rosso Nilo (500 μg / mL) usata nell’esperienza viene preparata sciogliendo 100 mg di Rosso Nilo (technical grade, N3013, SigmaAldrich) in 200 ml di acetone; la soluzione madre viene conservata al buio a 4 °C. Un campione dell’acqua da analizzare e 2,5 mL di soluzione di Rosso Nilo sono stati accuratamente trasferiti in provette Eppendorf da 5 mL (che puoi acquistare qui); le provette sono state brevemente agitate e quindi lasciate riposare per 10 minuti.

Una torcia UV che permette di visualizzare le microplastiche rese fluorescenti.

Il colorante rosso nilo può essere applicato su nylon, PET, etc, che possono così essere osservati per fluorescenza attraverso un ampio spettro (eccitazione 450-560 nm): basta illuminare il vetrino con una goccia del campione di acqua da esaminare con una luce UV, come ad esempio quella di una torcia UV che puoi trovare qui. Il rosso nilo è adatto a colorare anche microplastiche di forma irregolare. Se hai un microscopio zoom stereo o da dissezione, puoi usarli al posto di quello biologico.

Le microplastiche possono essere numericamente quantificate e le loro dimensioni stimate al microscopio ottico, con eccitazione fluorescente (360 nm, 450–490 nm o 515-560 nm) ove appropriato. Esse possono essere contate diluendo le soluzioni in modo da avere il 10% della concentrazione originale e conducendo conteggi con una camera “Sedgewick-rafter”. Per il dimensionamento, può essere condotta un’analisi dell’immagine di micro-campioni da 1 μL selezionati casualmente.

La camera di Sedgewick-rafter per il conteggio delle microplastiche.