Una camera CCD, o “dispositivo ad accoppiamento di carica”, è un’apparecchiatura elettronica che misura il numero di fotoni che il tuo telescopio riceve da una stella variabile insieme ad un gruppo di “stelle di confronto” note osservate allo stesso tempo. Prendendo questi valori insieme ad alcuni ulteriori dati di calibrazione, si può convertire la misura del numero di fotoni in una misura fisica calibrata della luminosità di una stella in un dato momento. Ripetendo la misurazione più e più volte, è possibile determinare come la luce della stella cambia nel tempo. Questa è l’essenza della moderna fotometria CCD.
Se possiedi o hai accesso a un telescopio con una camera CCD, puoi usarli per ottenere dati di stelle variabili scientificamente utili. Vi sono diverse modalità di osservazione delle stelle variabili, ma l’osservazione CCD e l’osservazione visiva (ad occhio nudo o con l’aiuto di un strumento) sono i due più popolari. Entrambi i tipi di osservazione hanno punti di forza e di debolezza e ognuno ha il suo posto nell’astronomia delle stelle variabili. Questa breve guida è destinata a introdurre il neofita alla fotometria CCD.
Quando “osserviamo” una stella variabile, intendiamo che stiamo misurando la quantità di luce che la stella sembra sprigionare in un dato momento. Ripetiamo questa misura più e più volte, in pratica tutte le volte che è necessario per monitorare completamente tutte le variazioni. Se le nostre misurazioni sono coerenti e precise, possiamo quindi realizzare modelli fisici che provano a spiegare perché la luminosità è cambiata in quel modo. Il compito di un osservatore di stelle variabili è di fare delle buone misurazioni.
La stella luce di una Nova graficata con VStar. Si notino i cambiamenti di luminosità in ciascuna banda dovuta alla diversa importanza dei vari processi fisici nelle diverse fasi della stella.
Le stelle variabili sono interessanti per una serie di ragioni diverse, ma alla fine le studiamo perché sono come dei laboratori di fisica. Non possiamo andare a toccare una stella o cambiarla in qualche modo per studiarla, ma se riusciamo a capire come cambia la luce di una stella variabile, possiamo imparare di più su come funziona l’universo, poiché là fuori operano gli stessi processi fisici fondamentali che operano qui sulla Terra. Guardando come le stelle cambiano nel tempo, possiamo imparare perché cambiano.
Introduzione alla fotometria CCD
Una camera CCD ha nel suo cuore un wafer semiconduttore fatto di silicio, che è stato diviso in un gran numero di quadrati isolati elettricamente carichi che chiamiamo “pixel”. Questo è indicato come un “chip CCD”. Quando il chip è esposto alla luce, i fotoni colpiscono ogni pixel e rilasciano elettroni tramite l’effetto fotoelettrico. Ogni pixel e le sue porte elettroniche associate si comportano come un piccolo condensatore, che raccogliere questi elettroni dai pixel di silicio quando la luce li colpisce.
Ogni pixel è collegato a un processore centrale e la carica che si accumula in ciascun pixel fino a quando il chip non viene “letto” dall’elettronica della camera. Durante la lettura, il processore centrale misura la carica raccolta su ogni pixel. Questa è una tensione analogica che viene convertita in un numero digitale usando un segnale convertitore analogico-digitale. Ciò che viene inviato dal chip CCD al tuo computer è la posizione del pixel acceso e la quantità di carica contenuta al momento della lettura.
Schema di funzionamento di un sensore CCD di 9 pixel. I pixel sono divisi in 3 regioni per creare una buca di potenziale durante un’esposizione.
Questo è ciò che crea l’immagine che esce dal tuo sistema. Ciò che rende l’immagine utile per l’astronomia delle stelle variabili è che l’immagine viene anche etichettata con il tempo. Quindi a questo punto hai la maggior parte di quello che ti serve – una misurazione della luce in un momento specifico nel tempo – per fare “fotometria”. Tuttavia, questo è solo il primo passo. La serie finale di numeri – un tempo, una magnitudine e una incertezza per ogni misura non è tutta la storia, ma solo l’inizio.
Il chip CCD si riferisce a una quantità fisica come la quantità di luce a una certa lunghezza d’onda che la stella emette. Per trasformare i dati CCD in informazioni fisiche sulla stella, occorre una lunga fase di calibrazione, che coinvolgerà la misurazione di: rumore inerente all’elettronica della tua camera; particolarità dell’ottica del tuo telescopio, dall’apertura al chip CCD; risposta alla lunghezza d’onda del tuo sistema; risposta alla lunghezza d’onda dell’atmosfera attraverso cui hai osservato.
Una camera CCD montata su un comune telescopio amatoriale.
La fotometria CCD è una tecnica che misura la luminosità di una stella in un’immagine presa con una camera CCD, oggi piuttosto diffuse fra gli astrofili. Ogni pixel di una camera CCD avrà un certo numero di fotoni che cadono su di esso durante un’esposizione. Questo numero di fotoni si traduce in un numero di elettroni che vengono memorizzati nel CCD fino a quando quest’ultimo non viene letto. Più fotoni colpiscono un determinato pixel, più elettroni saranno immagazzinati lì.
In un’immagine CCD, ogni stella appare come un cerchio “spalmato” che copre diversi pixel del sensore CCD. Una linea può essere disegnata attraverso la stella e il suo profilo di luminosità può essere visto come una curva. Un aumento di luminosità sull’immagine e sul grafico in questione rappresentano un’area del CCD che ha ricevuto più fotoni su di esso. Quando il CCD è stato letto, dunque, c’erano più elettroni memorizzati in quei pixel, che rappresentano un oggetto luminoso.
Come eseguire la fotometria CCD
Quando si esegue la fotometria CCD, un cerchio (di solito chiamato “apertura”) viene posizionato attorno a ciascuna stella di cui si deve misurare la luminosità. Viene quindi utilizzato un software per sommare il numero di elettroni (chiamato “conteggio”) in ciascun pixel all’interno di quel cerchio. Molti programmi di fotometria creano automaticamente un’apertura per ogni stella, con un raggio che corrisponde alla metà della larghezza massima della curva di luminosità della stella.
Il software AIP4Win’s “Multi Image Photometry Tool”, usato per ridurre le sequenze di immagini a dati fotometrici (cortesia R. Berry).
Quando si misura la luminosità di un oggetto su più immagini scattate nel tempo, è necessario utilizzare delle stelle di confronto. Usando una o più stelle di confronto, viene rimossa la variazione di luminosità che può essere causata da fonti come l’atmosfera. Per esempio, se nel corso di diverse esposizioni una sottile nuvola passasse sul telescopio, la luminosità di tutte le stelle nell’immagine verrebbe diminuita di una quantità simile. Usando le stelle di confronto, gli effetti come questi sono suddivisi.
Le stelle di confronto che hanno una luminosità simile alla stella bersaglio, e non molto vicine ad altre stelle, e neppure vicino al bordo della cornice, rappresentano le scelte migliori. Gli astronomi di solito confrontano fra loro anche le stelle di confronto e non usano quelle che sono stelle variabili. Inoltre, in un’immagine, c’è sempre una certa quantità di luminosità di sfondo, o “rumore”, proveniente dal cielo. Alcuni di questi effetti possono essere rimossi automaticamente dal software.
Curva di luce di una stella variabile ottenuta con 163 osservazioni con una camera CCD. L’ampiezza della variazione è di appena 0,34 magnitudini. La curva di luce è “differenziale”, cioè data dalla differenza fra la magnitudine della stella e quella di due stelle di confronto C1 e C2. La curva piatta C1-C2 conferma che i dati raccolti sono limitati solo dal “numero di fotoni raccolti.
La rimozione del livello medio di questo rumore si chiama “sottrazione del cielo”. Una tecnica comune di sottrazione del cielo consiste nel creare un anello all’esterno dell’apertura della stella misurata. Quindi il numero di conteggi in quest’area è diviso per l’area dell’anello. Ciò fornisce un valore per la quantità media di fotoni extra provenienti dal cielo per pixel. Questo valore può quindi essere moltiplicato per l’area dell’apertura e sottratto dal valore trovato per la luminosità della stella.
Una tecnica alternativa consiste nel posizionare un cerchio con lo stesso raggio dell’apertura in un’area dell’immagine, vicino all’obiettivo, che sembra non avere stelle. La luminosità totale di questo cerchio può essere divisa per la sua area per ottenere il numero medio di conteggi per pixel provenienti dal rumore di fondo del cielo. Come vedremo più avanti, però, nella pratica la sottrazione del fondo cielo viene fatta prendendo opportuni fotogrammi (frame) all’inizio e alla fine della sessione osservativa.
I CCD sono dispositivi molto precisi: misurano linearmente la quantità di luce che li colpisce, purché i livelli rimangano al di sotto del punto di saturazione. Tuttavia, ciò può rivelarsi un problema: possono rivelare differenze molto piccole che altrimenti andrebbero perse nel rumore. Se è possibile effettuare misurazioni con una precisione migliore di un punto percentuale, uno degli effetti sistematici che si manifestano è dovuto a piccole differenze nella banda passante effettiva di diversi sistemi di osservazione.
Esempio di “sottrazione del cielo” da un’immagine astronomica, effettuata grazie a un dark frame.
Ora vedremo un approccio semplice per posizionare sul cosiddetto “sistema standard” le magnitudini differenziali misurate per le varie stelle riprese dalla CCD (in astronomia, la parola magnitudine vuol dire “luminosità”). Quando hai delle immagini CCD, hai una serie di misure della magnitudine strumentale di alcune stelle variabili, più le magnitudini strumentali di alcune stelle di confronto nel campo. Come possiamo trasformare queste magnitudini strumentali in magnitudini reali?
Ebbene, occorre trovare la magnitudine “standard” delle stelle di confronto nella banda passante appropriata, determinare un offset con il quale è necessario spostare le magnitudini strumentali delle stelle di confronto in modo che corrispondano alle loro grandezze standard. Infine, occorre applicare tale offset a tutti gli oggetti, inclusa la stella variabile che ci interessa. Il metodo è semplice, veloce e ti porterà a risultati entro il 10% della verità per oggetti “ordinari”: stelle di temperatura e colore intermedi.
Ma per stelle molto blu o molto rosse, o per oggetti con strani spettri non-neri, l’errore può essere maggiore. Le osservazioni astronomiche coinvolgono un numero di componenti: atmosfera, telescopio, filtro, camera. Quando la luce interagisce con ciascun componente, i fotoni di diversa lunghezza d’onda vengono riflessi o trasmessi in quantità diverse. La risposta generale alla luce in funzione della lunghezza d’onda è la convoluzione di tutte e quattro le risposte individuali dei componenti.
Percentuale di trasmissione (T) alle varie lunghezze d’onda dei comuni filtri spettrali UBVRI.
Come ottenere le luminosità precise
Una delle chiavi per raccogliere dati scientificamente utili è calibrare correttamente le immagini. È importante che i dati o le “immagini scientifiche” rappresentino accuratamente il segnale proveniente dalle stelle. Le fonti di segnale non astrofisiche dovrebbero venire quantificate ed il relativo segnale rimosso ovunque possibile, in modo da non contaminare i tuoi dati. La calibrazione si realizza con i cosiddetti “frame” di calibrazione, cioè singole riprese fatte con la camera CCD a tale scopo.
Fortunatamente, c’è un modo semplice di farla, prendendo speciali tipi di immagini che catturano gli effetti di diversi tipi di segnali strumentali. Il tuo software per la CCD ti sarà di grande aiuto e farà la maggior parte del lavoro per te. Tutti i frame di calibrazione dovrebbero essere presi alla stessa temperatura delle immagini riprese a scopo scientifico. Perciò, fai in modo che il sistema di raffreddamento della CCD faccia raffreddare la camera per circa ½ ora prima di riprendere le immagini.
Assicurati di specificare ogni volta che tipo di frame (cioè fotogrammi) di calibrazione stai prendendo, in modo che il software sappia cosa fare con essi più tardi, quando vengono combinati. Nella maggior parte dei casi, le uniche altre decisioni che dovrai prendere riguardano i tempi di esposizione, il numero di immagini da acquisire, e quale filtro scegliere. Il tuo software renderà anche più semplice la media delle immagini e applicherà i frame di calibrazione ai tuoi frame di riprese scientifiche.
I 4 tipi di frame usati per una corretta fotometria CCD.
A seconda del pacchetto software che si sta utilizzando, il fare la media dei frame insieme o il sottrarli potrebbe essere automatico o quasi automatico. È importante conoscere le basi di come funziona il tuo software e quali scelte potresti fare nel processo. L’idea alla base delle immagini di calibrazione è standardizzare le tue immagini di dati senza distorcere il segnale scientifico, rendendole rappresentative della luce ricevuta dalla sorgente senza che questa modificata dalla risposta del tuo sistema.
Tutti i frame di calibrazione e quelli dei dati scientifici scienza devono essere presi con la stessa impostazione di temperatura prodotta dal sistema di raffreddamento della camera CCD: la più bassa possibile per la tua località e per il periodo dell’anno. Imposta il dispositivo di raffreddamento a una temperatura che può raggiungere non più dell’80% della sua capacità di raffreddamento e lascialo funzionare per circa mezz’ora o fino a quandola temperatura della camera non si stabilizza.
Esistono tre tipi di frame di calibrazione: i frame bias, i frame dark ed i frame flat, che sono illustrati in ampio dettaglio nel mio articolo Calibrazione della CCD con bias, dark e flat frame:
- I frame bias dovrebbero essere fatti al buio con l’otturatore chiuso e/o il copriobiettivo inserito. Il tempo di esposizione deve essere zero secondi (o il più breve possibile). Scatta 100 immagini e fanne la media per creare un Master Bias.
- Anche il dark frame dovrebbe essere fatto al buio con l’otturatore chiuso e/o il copriobiettivo inserito, ed il tempo di esposizione dovrebbe essere lo stesso (o più lungo) delle tue immagini scientifiche. Prendi 20 o più immagini.
- Per il flat frame, scatta le immagini di una fonte di luce uniforme o del cielo al crepuscolo. Assicurati che la messa a fuoco sia buona e uguale a quella delle immagini scientifiche. Prendi 10 o più immagini per ciascun filtro, fai la media dei vari flat frame.
Schema del processo di calibrazione delle immagini CCD che viene realizzato con l’aiuto del pacchetto software utilizzato.
Acquisizione delle immagini scientifiche
Ora che hai una serie di frame di calibrazione con cui lavorare, è tempo di iniziare a raccogliere immagini di stelle variabili o di soggetti astronomici di interesse scientifico. Ci sono diversi fattori da considerare mentre crei queste immagini: (1) impostazione della temperatura, (2) uso dei filtri, (3) scelta dei tempi di esposizione. Vediamoli separatamente uno ad uno.
La temperatura della camera CCD deve essere impostata a una temperatura più fredda possibile in modo da ridurre la corrente di buio. Se si utilizza una camera CCD con raffreddamento termoelettrico, imposta la temperatura sul valore più freddo che può raggiungere usando un livello di potenza non superiore a circa l’80% (in modo che ce ne sia ancora un po’ di riserva per un ulteriore raffreddamento se necessario). Dai alla fotocamera circa 30 minuti per stabilizzarsi prima di scattare immagini.
Al fine di produrre dati che possano essere facilmente compresi dagli utenti, nello studio delle stelle variabili dovresti sempre usare i filtri fotometrici, tranne nei rari casi in cui i requisiti scientifici richiedono osservazioni non filtrate. Dati non filtrati o dati acquisiti con filtri non standard sono di uso limitato poiché il colore della stella e la risposta del tuo sistema a quel colore saranno probabilmente molto diversi da un osservatore all’altro. Tali dati possono essere utilizzati per stabilire la tempistica di eventi come i minimi di una binaria ad eclisse, ma non descriveranno accuratamente la realtà.
Il tempo di esposizione selezionato per ciascuna immagine dipende da una serie di fattori, tra cui la luminosità della variabile al momento, quale filtro stai usando, la qualità del tuo telescopio, il meccanismo di guida e se lo stai guidando o meno. In generale, dovresti usare il più lungo tempo di esposizione appropriato sia per la luminosità generale che per la scala temporale della variazione che desideri misurare. L’aspetto più critico della scelta di un tempo di esposizione appropriato per un dato filtro è il non “saturare” l’immagine della variabile o di una qualsiasi delle stelle di confronto.
L’effetto di saturazione nelle immagini CCD di un stella. Il livello di saturazione aumenta da sinistra verso destra.
La saturazione ti darà una falsa lettura della luminosità della stella che si tradurrà in dati inutili. Per evitare questo problema, è importante iniziare conoscendo il punto di saturazione della camera CCD misurata in unità analogiche o digitali o ADU. Una volta che sai qual è il limite superiore, prendi alcune immagini di “pratica” di stelle di luminosità nota utilizzando diversi tempi di esposizione.
Ispezionando le immagini e utilizzando i tuoi strumenti software, misura il numero di ADU nell’immagine della stella e sarai in grado di determinare il punto in cui la stella satura. Da queste informazioni è possibile stabilire il tempo di esposizione massima e minima “sicura” per ogni stella della magnitudine che probabilmente puoi riprendere. È quindi possibile salvare i risultati come tempo di esposizione vs. magnitudine della stella per ciascun filtro, riportandoli in una tabella per riferimento futuro. Ciò ti farà risparmiare parecchio tempo e possibile frustrazione in futuro.