Oggi sappiamo che la radioattività artificiale può essere indotta in tre modi, corrispondenti ad altrettanti tipi di proiettile usati storicamente per realizzarla: (1) bombardamento di bersagli con particelle α (cioè nuclei di elio), come negli esperimenti di Joliot-Curie; (2) bombardamento di bersagli con neutroni più o meno energetici (ad es. neutroni veloci o lenti, come negli esperimenti di Fermi e collaboratori); (3) irraggiamento da parte di particelle accelerate in acceleratori di particelle o in reattori nucleari. In questo articolo illustreremo tutti e 3 questi metodi usati storicamente dagli scienziati.
La storia della scoperta della radioattività è piuttosto lunga e comincia con la scoperta della radioattività naturale di alcuni isotopi di elementi chimici. Nel 1896, il fisico francese Henry Becquerel notò una radiazione sconosciuta emessa dai sali di uranio che aveva provocato l’oscuramento di una lastra fotografica. Ulteriori lavori di Becquerel, insieme con Pierre e Marie Curie trovarono la radioattività naturale del torio e portarono alla scoperta degli elementi radioattivi polonio e radio.
Tuttavia, le prime reazioni di decadimento radioattivo indotte artificialmente si devono a Ernest Rutherford, con il bombardamento di nucleoni di azoto con particelle α (cioè nuclei di elio), cosa che ha reso possibile la fabbricazione di radionuclidi artificiali con varie proprietà. Da allora, in particolare nella seconda metà del 20° secolo, i metodi usati per produrre radioattività artificiale e il numero di isotopi radioattivi prodotti sono aumentati enormemente, come vedremo in questo articolo.
Il fisico Henri Becquerel fu il primo a scoprire la radioattività naturale. L’immagine a destra mostra la lastra fotografica rimasta impressionata dalla radiazione emessa da sali di uranio.
Oggi sono noti più di 3000 nuclidi, di cui circa 2700 sono radioattivi ed i restanti sono stabili. La maggior parte dei radionuclidi sono prodotti artificialmente negli acceleratori di particelle e principalmente nei reattori nucleari (per irradiazione con neutroni originati dalla fissione nucleare). Alcuni radionuclidi di breve durata sono forniti dai cosiddetti “generatori di radionuclidi”, in cui i genitori con vita di lunga durata vengono caricati e decadono in “figli” a vita di breve durata.
Radioattività indotta artificialmente e modi per produrla
Gli elementi chimici della tavola periodica sono caratterizzati da un numero atomico specifico (numero di protoni) e il numero associato di elettroni nel guscio atomico. Oltre ai protoni, il nucleo atomico include i neutroni. Sia i neutroni che i protoni sono chiamati nucleoni. Per qualsiasi elemento chimico con il suo numero caratteristico di protoni, possono esistere nuclei atomici che includono un numero variabile di neutroni. Questi nuclei sono chiamati “isotopi” di questo elemento.
Essi appaiono nello stesso posto nella tavola periodica ed esibiscono le stesse proprietà chimiche, ma hanno masse atomiche diverse. Per la maggior parte degli elementi ci sono diversi isotopi che possono o non possono essere radioattivi, rispettivamente. Il termine nuclide è usato per qualsiasi nucleo atomico arbitrario, ed è caratterizzato dal numero atomico (Z) e dal numero di massa (A). Se un nuclide è radioattivo, è definito radionuclide. Un isotopo radioattivo è chiamato radioisotopo.
I tre diversi isotopi dell’idrogeno, l’elemento più leggero esistente.
La radioattività è il processo mediante il quale il nucleo di un atomo instabile perde energia emettendo radiazioni, tra cui particelle alfa, particelle beta, raggi gamma ed elettroni di conversione. Sebbene la radioattività sia osservata come un processo naturale, può anche essere indotta artificialmente in genere attraverso il bombardamento attraverso particelle degli atomi di un elemento specifico, creando così nuovi atomi. Ma come si può produrre, in pratica, la radioattività artificiale?
La cosiddetta “attivazione” da parte di neutroni usati come proiettili è la principale forma di radioattività indotta, o radioattività artificiale. L’attivazione dei neutroni, in pratica, è l’unico modo comune per indurre un materiale stabile a diventare intrinsecamente radioattivo. I neutroni, però sono particelle libere in abbondanti quantità solo nei microsecondi dell’esplosione di un’arma atomica o nucleare, in un reattore nucleare attivo o in una sorgente di neutroni di spallazione.
L’attivazione da neutroni si verifica quando un nucleo atomico cattura uno o più neutroni liberi. Questo nuovo isotopo più pesante può essere stabile o instabile (radioattivo), a seconda dell’elemento chimico coinvolto. Poiché i neutroni liberi si disintegrano in pochi minuti al di fuori di un nucleo atomico, i neutroni liberi possono essere ottenuti solo dal decadimento nucleare, dalle reazioni nucleari e dall’interazione ad alta energia, come radiazioni cosmiche o emissioni di acceleratori di particelle.
Diagramma che illustra il processo di cattura di un neutrone da parte di un nucleo del bersaglio seguito dall’emissione di raggi gamma e particelle beta (elettroni o positroni).
Una forma meno comune di radioattività indotta risulta dalla rimozione di un neutrone mediante “fotodisintegrazione”. In questa reazione, un fotone ad alta energia (un raggio gamma) colpisce un nucleo con un’energia maggiore dell’energia di legame del nucleo, che rilascia un neutrone. Questa reazione ha un taglio minimo di 2 MeV (per il deuterio) e di circa 10 MeV per la maggior parte dei nuclei pesanti. Molti radionuclidi non producono raggi gamma con energia sufficientemente elevata da indurre questa reazione.
Anche le condizioni all’interno di alcuni tipi di reattori nucleari con elevato flusso di neutroni possono indurre radioattività. Alcuni materiali sono più soggetti all’attivazione dei neutroni rispetto ad altri, quindi un materiale a bassa attivazione opportunamente scelto può ridurre significativamente questo problema. Ad esempio, il Cromo-51 (emivita di 27 giorni) si formerà per attivazione di neutroni in acciaio al cromo (che contiene Cr-50) che è esposto a un tipico flusso di neutroni del reattore nucleare.
Gli isotopi nucleari instabili emettono radiazioni a causa del conflitto fra la forza repulsiva di Coulomb tra i protoni nel nucleo e la forza nucleare forte, attrattiva, tra i nucleoni. Se queste due forze non si bilanciano, il nuclide in questione si trova al di fuori della “cintura di stabilità ed è radioattivo. Un numero noto come rapporto neutrone-protone o rapporto N / Z può essere usato per vedere rapidamente se la forza di Coulomb e la forza nucleare forte rimangono abbastanza bilanciate o sono sbilanciate.
La “cintura di stabilità” ed i vari tipi di decadimento associati alle diverse zone.
Per elementi più leggeri (e quindi con nuclei atomici più piccoli) vicino alla parte superiore della tavola periodica, il rapporto per la stabilità è quasi 1:1. Man mano che i nuclei diventano più grandi, il rapporto N / Z necessario per la stabilità aumenta leggermente. Se un nucleo ha troppi protoni o neutroni, probabilmente subirà una sorta di trasmutazione per raggiungere uno stato più stabile (dove si trasforma in un nuovo nuclide con un rapporto N / Z “migliore”).
I coniugi Curie e la radioattività indotta da particelle alfa
Gli isotopi emettitori di particelle alfa (α) forniscono proiettili abbastanza veloci da penetrare all’interno dei nuclei di elementi leggeri nonostante la repulsione di Coulomb fra le cariche elettriche. Pertanto, questa sorgente era ampiamente usata già all’inizio del Novecento per indagare sul nucleo atomico (l’esperimento di Rutherford che, tramite il bombardamento di un foglio d’oro con un fascio collimato di particelle α portò alla scoperta del modello “planetario” dell’atomo, risale al 1909-11).
Il famoso esperimento di Rutherford del bombardamento di un foglio d’oro che rivelò la presenza di nuclei compatti al centro degli atomi.
Ernest Rutherford, vincitore del premio Nobel per la chimica nel 1908, andò molto vicino anche allo scoprire la radioattività indotta artificialmente. Attraverso il bombardamento di particelle α contro i nuclei di Azoto-14 (con 7 protoni / elettroni), Rutherford produsse Ossigeno-17 (8 protoni / elettroni) – che è un isotopo stabile, non radioattivo – e protoni. Attraverso questa osservazione, Rutherford concluse che gli atomi di un elemento specifico possono essere trasformati in atomi di un altro elemento.
Questo metodo di indagine ha portato a importanti scoperte anche dopo l’invenzione degli acceleratori. Nel gennaio 1934, quattro anni dopo l’invenzione del ciclotrone da parte di Lawrence, si è avuta la scoperta della radioattività artificiale da parte dei coniugi Frederic e Irene Joliot-Curie (che varrà ai due il premio Nobel per la fisica nel 1935), ed essa è stata realizzata utilizzando particelle α da 5,3 MeV provenienti da una fonte di Polonio-210 per bombardare un bersaglio di alluminio.
Irene Curie e Frederic Joliot nel loro laboratorio.
In questo esperimento, i due scienziati francesi usarono un contatore Geiger per rilevare le particelle cariche (positroni, cioè particelle uguali per dimensioni agli elettroni ma con carica positiva anziché negativa) emesse insieme ai neutroni durante la collisione di particelle α e nuclei di alluminio. I due osservarono che il rivelatore aumentò il numero di conteggi quando la sorgente di polonio fu tolta dal foglio di alluminio e che il numero di conteggi per unità di tempo era decrescente.
Essi scoprirono che questa decrescita del numero di conteggi del Geiger avveniva secondo una legge esponenziale, molto simile a quella di un decadimento radioattivo, con un tempo di dimezzamento di 3,25 minuti. Attribuirono questo effetto alla formazione dall’alluminio di un isotopo radioattivo di fosforo sconosciuto (30P), secondo la seguente reazione nucleare, seguita (riga sottostante) dal decadimento radioattivo dell’isotopo di fosforo, dove e+ è il simbolo del positrone e ν quello del neutrino.
Frederic e Irene Joliot-Curie confermarono questa ipotesi in esperimenti di chimica in cui dimostrarono che la radioattività accompagnava il fosforo quando questo elemento veniva separato (in pochi minuti!) dall’alluminio. Questo risultato molto importante, noto come la scoperta della radioattività artificiale, è stato allo stesso tempo la prima produzione di un isotopo radioattivo e la scoperta di una nuova modalità di radioattività, ora chiamata radioattività β+ (in quanto vi è emissione di positroni).
I coniugi Joliot-Curie hanno scoperto la legge esponenziale con cui avviene il decadimento della radioattività temporanea indotta. Il tempo di dimezzamento (half-life), Th, è espresso da una semplice equazione, dove lambda è la costante di decadimento caratteristica di un dato radioisotopo.
Il decadimento β è un tipo di decadimento radioattivo, ovvero una delle reazioni nucleari spontanee attraverso le quali elementi chimici radioattivi si trasformano in altri con diverso numero atomico. I decadimenti β sono caratterizzati dalla trasformazione di neutrone in protone oppure di protone in neutrone: nei decadimenti β–, il neutrone si trasforma in un protone più un elettrone; nei decadimenti β+, il protone si trasforma in un neutrone emettendo un positrone.
I coniugi Joliot-Curie mostrarono che, quando gli elementi più leggeri e non radioattivi – come il boro e l’alluminio – venivano bombardati con particelle α, questi elementi più leggeri continuavano a emettere radiazioni anche dopo la rimozione della fonte α. Gli elementi attivati dalle particelle α, però, sono solo pochi e di basso numero atomico (contengono cioè un basso numero di protoni), a causa della repulsione Coulombiana tra le α e i nuclei, entrambi carichi positivamente.
I Joliot-Curie mostrarono che la radiazione emessa dagli elementi bombardati con particelle α una volta che questa sorgente di proiettili veniva rimossa – ovvero emessa dagli isotopi radioattivi creati – consisteva di particelle che trasportavano un’unità di carica positiva con massa uguale a quella di un elettrone, ora nota come particella beta. Si trattava di positroni, “antielettroni” (cioè particelle di antimateria) previsti da Dirac e osservati sperimentalmente per la prima volta da Andersen nel 1933.
La scoperta del positrone, realizzata da Andersen con una camera a nebbia.
Le ricerche di Fermi e la radioattività indotta da neutroni
Le scoperte dei coniugi Joliot-Curie aprirono la strada a una ricerca sistematica di nuovi nuclei e alla possibilità di produrre artificialmente isotopi radioattivi per scopi medici. Nel 1932, il neutrone era stato identificato da James Chadwick, in esperimenti che coinvolgono anche particelle α fornite da una sorgente di polonio. Ma andiamo per ordine. Nel 1930, a Berlino furono osservate radiazioni molto penetranti durante il bombardamento di nuclei leggeri con particelle α.
Questo esperimento fu fatto a Berlino-Charlottenburg da Walter Bothe e Herbert Beker, tramite il bombardamento di berillio o boro con particelle α provenienti da una sorgente di polonio. All’epoca (dal 1920 al 1932, prima del scoperta del neutrone), si pensava che i nuclei fossero fatti di protoni, particelle α ed elettroni. Oggi sappiamo che i neutroni possono apparire come componenti indipendenti del nucleo, accanto ai protoni, ma a differenza di questi ultimi i neutroni non hanno carica elettrica.
Nel gennaio 1932, Frédéric Joliot e Irène Curie sottolinearono il fatto che questa stessa “misteriosa” radiazione – che pensavano composta da raggi gamma – ha la capacità di espellere protoni da sostanze idrogenate (come cera o cellophane). Sulla base dei loro risultati, un mese dopo Chadwick dimostrò che in realtà si tratta di “neutroni”. Questa scoperta cruciale fornì un nuovo tipo di proiettile per produrre radioattività artificiale che fu utilizzato dal gruppo italiano di Enrico Fermi nel 1934.
L’esperimento di Chadwick che portò alla scoperta del neutrone.
Non avendo carica elettrica, il neutrone è completamente insensibile al campo di Coulomb e può facilmente penetrare all’interno di qualsiasi nucleo. Approfittando di questo fatto, e sapendo dagli esperimenti di Johot che nuovi nuclei potrebbe essere prodotti attraverso reazioni nucleari, Fermi e gli altri “ragazzi di Via Panisperna” decisero, nel 1934, di bombardare molti bersagli con questi nuovi proiettili, come illustrato nel ns. articolo L’esperimento di Fermi sui neutroni lenti, che trovi qui.
I neutroni veloci (per la scoperta di Fermi dell’assai maggiore efficienza dei neutroni lenti, prodotti interponendo materiali idrogenati fra sorgente e bersaglio, nell’indurre radioattività artificiale rimandiamo all’articolo appena citato) vennero per lo più prodotti attraverso la seguente reazione:
simile alla reazione degli esperimenti di Joliot-Curie, in cui veniva usato come proiettile, al posto dei neutroni, la particella α fornita da una sorgente di polonio. I neutroni usati dal gruppo di Fermi erano catturati da un nucleo bersaglio xT di numero atomico Zr secondo la seguente reazione:
in cui l’isotopo di nuova produzione x+IT dell’elemento bersaglio era generalmente radioattivo e poteva passare attraverso un decadimento β– in un radioisotopo dell’elemento successivo della tavola periodica (di numero atomico Zr + 1). Questi radioisotopi furono rilevati dalla loro radioattività, e talvolta identificati con l’aiuto di separazioni chimiche. Usando questo metodo, il gruppo diretto dal grande fisico italiano produsse più di 40 tipi di nuovi isotopi nel giro di pochi mesi.
Il gruppo dei “ragazzi di Via Panisperna” che rivoluzionò la ricerca di radioisotopi artificiali grazie alla scoperta della maggiore efficienza ottenibile usando neutroni lenti anziché veloci.
Usando bersagli sempre più pesanti, il gruppo di Via Panisperna finalmente raggiunse il bombardamento dell’uranio nel maggio 1934. E qui trovarono strani risultati, la cattura di neutroni da parte dell’uranio porta infatti a una complicata situazione in termini di tempi di dimezzamento degli isotopi radioattivi prodotti. Fermi e i suoi collaboratori produssero la fissione dell’uranio, ma non lo capirono e credettero di aver scoperto due elementi transuranici, che chiamarono Esperio e Ausonio.
Per chiarire questo mistero ci vollero tre anni, il tempo perché i Laboratori europei capissero che il nucleo dell’Uranio, colpito da un neutrone, si divide in due componenti, secondo un nuovo fenomeno che si chiamava fissione. Come si sa, questa scoperta della fissione fu finalmente raggiunta dai chimici tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann nel dicembre 1938 e venne pubblicato nel 1939. Essa ebbe conseguenze molto importanti per le sue applicazioni pacifiche e militari.
Due pionieri della scoperta della fissione nucleare, Otto Hahn e Lisa Meitner, nel loro laboratorio.
Hahn, Strassmann e Lise Meitner si resero conto che, quando un atomo di uranio viene bombardato da neutroni lenti, si rompe in un atomo di bario e un atomo di krypton. Meitner capì che parte della massa dell’atomo di uranio veniva convertita in energia durante il processo di fissione. Anche se la quantità di massa coinvolta era molto piccola, la quantità di energia rilasciata era enorme: la fissione di un kg di uranio produrrà tanta energia quanto la combustione di 3.307 tonnellate di carbone.
La radioattività indotta da particelle accelerate artificialmente
Le conferme alle scoperte dei coniugi Joliot-Curie arrivarono rapidamente da laboratori stranieri che impiegavano deuteroni o protoni come proiettili: da Berkeley, in California, dove Ernest Lawrence e i suoi collaboratori si resero conto che diversi pezzi del loro ciclotrone erano diventati radioattivi a loro insaputa; e da Cambridge, in Inghilterra, dove John Cockcroft e i suoi collaboratori produssero azoto radioattivo dal carbonio, usando il proprio acceleratore lineare.
L’acceleratore lineare di Cockcroft, alimentato con l’alta tensione di un generatore Van de Graaf.
La radioattività artificiale può essere creata facilmente bombardando un bersaglio con particelle accelerate artificialmente. In un ciclotrone, particelle cariche come protoni (p), deutoni (p+n), ioni di elio e così via vengono accelerate in percorsi circolari nell’interno sotto vuoto per mezzo di un campo elettromagnetico. Queste particelle accelerate possono possedere da alcuni chiloelettron volt (keV) a diversi miliardi di elettronvolt (BeV) di energia cinetica, a seconda del design dell’acceleratore.
In un ciclotrone, poiché le particelle cariche si muovono lungo percorsi circolari sotto il campo magnetico con energia progressivamente crescente, maggiore è il raggio della traiettoria delle particelle, maggiore è l’energia cinetica della particella. Le particelle cariche vengono deviate da un deflettore verso una finestra che le porta in un all’esterno del ciclotrone per formare un fascio esterno. In alternativa, è possibile creare un fascio interno ad un dato raggio all’interno di un ciclotrone.
Schema di un ciclotrone.
Quando i bersagli di elementi stabili vengono irradiati posizionandoli nel fascio (esterno o interno) delle particelle accelerate, queste particelle interagiscono con i nuclei del bersaglio e le reazioni nucleari hanno luogo. In una reazione nucleare, la particella incidente può lasciare il nucleo dopo l’interazione con un nucleone, lasciando parte della sua energia in esso, oppure potrebbe essere completamente assorbita dal nucleo, a seconda dell’energia della particella incidente.
In entrambi i casi, si forma un nucleo con energia di eccitazione e quest’ultima viene eliminata dall’emissione di nucleoni (cioè protoni e neutroni). L’emissione di particelle è seguita dall’emissione di raggi gamma quando il primo meccanismo non è più energeticamente realizzabile. A seconda dell’energia depositata dalla particella incidente, diversi nucleoni vengono emessi casualmente dal nucleo bersaglio irradiato, portando alla formazione di diversi nuclidi.
All’aumentare dell’energia della particella irradiante, vengono emessi più nucleoni, e quindi viene prodotta una varietà molto più ampia di nuclidi. I ciclotroni medici sono ciclotroni compatti utilizzati per produrre radionuclidi di routine di breve durata, in particolare quelli utilizzati nella tomografia ad emissione di positroni. In questi ciclotroni sono disponibili protoni, deuteroni e particelle a di energia medio-bassa. Queste unità sono disponibili in commercio e occupano uno spazio relativamente piccolo.
Un moderno ciclotrone usato per produrre isotopi radioattivi per uso medico.
Un esempio di un tipico radionuclide prodotto da un ciclotrone è Indio-111, che viene prodotto irradiando Cadmio-111 con protoni 12-MeV, appunto, in un ciclotrone. La reazione nucleare è scritta come mostrato qui sotto, ove 111Cd è il nuclide bersaglio, il protone p è la particella irradiante, il neutrone n è la particella emessa e 111In è il radionuclide del prodotto. In questo caso, un secondo nucleone potrebbe non essere emesso, perché non è rimasta energia sufficiente dopo l’emissione del primo neutrone.
Come si può capire, i radionuclidi prodotti con numeri atomici diversi da quelli degli isotopi bersaglio non contengono alcun isotopo stabile (“freddo”, o “vettore”) rilevabile mediante normali metodi analitici e simili preparati sono chiamati “senza vettore”. In pratica, tuttavia, è naturalmente impossibile avere questi preparati senza la contemporanea presenza di alcuni isotopi stabili. Tuttavia, va sottolineato che nessun isotopo stabile viene aggiunto di proposito ai preparati.
Isotopi utili in medicina nucleare prodotti usando acceleratori di protoni da meno di 20 MeV di energia per indurre reazioni nel bersaglio.
Infine, il materiale bersaglio per l’irradiazione tramite particelle accelerate deve essere puro e se possibile monoisotopico, o almeno arricchito isotopicamente per evitare la produzione di radionuclidi estranei. Dato che ci possono essere vari isotopi di diversi elementi prodotti in un bersaglio, è necessario isolare gli isotopi di un singolo elemento; ciò può essere realizzato con appropriati metodi chimici come l’estrazione tramite solvente, precipitazione, scambio ionico e distillazione.
AVVERTENZE. Abbiamo raccontato la storia della radioattività artificiale non certo per suggerirne una replica amatoriale, ma perché, oltre a essere una delle pagine più importanti della fisica, insegna allo scienziato dilettante nozioni utili sulla fisica nucleare e in particolare sui decadimenti radioattivi e sulla attivazione degli elementi. Oltretutto, mentre gli isotopi radioattivi possono provocare il cancro, il berillio è notevolmente tossico, e l’inalazione dei composti del berillio può causare polmoniti chimiche acute (berilliosi acuta), che possono essere anche fatali. Conviene quindi starne ben alla larga!