Come fare un generatore di “aggregati di carica”

Questo articolo illustra la parte forse più importante dell’eredità scientifica di Kenneth Shoulders (1927-2013), fisico e padre della nanoelettronica nel vuoto: la realizzazione pratica di un generatore di “aggregati di carica di elettroni ad alta densità”, oggetti di dimensioni micrometriche all’apparenza esotici che offrono un differente approccio alla comprensione delle Reazioni Nucleari a Bassa Energia (LENR), oltre che modi ancora non sfruttati di creare e trasformare la materia e l’energia su una scala “da tavolo”. La sua principale invenzione è qui illustrata con i testi e le immagini fornite direttamente dai suoi brevetti.

Il presente articolo è la naturale continuazione di altri due miei articoli che introducono il lettore alla più importante scoperta e invenzione fatta dal fisico Kenneth Shoulders, uno dei personaggi più geniali della scienza dell’ultimo secolo: ci riferiamo alla scoperta degli aggregati di carica ed all’invenzione di un generatore “da tavolo” in grado di produrli. Per non parlare dello sviluppo di varie tecniche per l’isolamento, la manipolazione e lo sfruttamento degli aggregati di carica così prodotti.

Il mio primo articolo sull’argomento è Cosa sono gli “aggregati di carica” di K. Shoulders.  Il secondo articolo è Un sistema da tavolo per trasmutare gli atomi, dato che una delle numerose applicazioni di un generatore di aggregati di carica è quella di acceleratore di particelle “da tavolo”. Nel presente articolo, invece, vedremo come costruire in pratica un generatore di aggregati di carica, nonché quali materiali e accorgimenti usare per renderlo più efficiente, secondi le indicazioni lasciateci dallo stesso Shoulders.

Per la cronaca, i brevetti concessi a Shoulders sono: lo US 5153901 “Production and manipulation of charged particles” (concesso nel 1992 in aggiornamento al suo US 5054046, e che trovate qui); lo US 5148461 “Circuits responsive to and controlling charged particles” (concesso nel 1992 in aggiornamento del suo US 5054047, e che trovate qui); lo US US 5123039A “Energy conversion using high charge density” (concesso nel 1992, in aggiornamento al suo US 5018180A, e che trovate qui).

Un’introduzione alla tecnologia del brevetto

L’Abstract recita: “Si rivelano entità ad alta densità di carica elettrica, generate nella produzione di scariche elettriche. Sono descritti apparecchi per isolare queste entità ad alta densità di carica, selezionandole e manipolandole mediante varie tecniche di guida. Utilizzando tali apparecchi, i percorsi seguiti dalle entità possono essere commutati, o selettivamente variati in lunghezza, per cui tali entità possono essere manipolate a piacimento. Sono presentati ulteriori dispositivi per la manipolazione e lo sfruttamento di queste entità, compreso il loro uso con una fotocamera e anche in un oscilloscopio”.

La copertina del brevetto di Shoulders sul generatore di aggregati di carica.

In generale, secondo il brevetto, gli aggregati di carica di elettroni possono essere prodotti utilizzando un generatore come un diodo a vuoto o gassoso. In una possibile implementazione di tale generatore, il materiale dielettrico è disposto tra un catodo emissivo e un secondo elettrodo, o anodo, che è quindi protetto dal dielettrico dal catodo, per evitare una scarica diretta catodo-anodo.

Il dielettrico fornisce una superficie lungo la quale un aggregato di carica può spostarsi verso l’anodo. Il dielettrico può essere progettato per realizzare guide o canali per limitare un aggregato di carica a un percorso definito. Un contro-elettrodo può annullare il percorso desiderato sul lato opposto del dielettrico per vincolare ulteriormente l’aggregato di carica al percorso. L’aggiunta di un gas a bassa pressione sopra la superficie dielettrica facilita il movimento dell’aggregato di carica attraverso il dielettrico.

L’uso di un dielettrico per vincolare o guidare una scarica con corrente elevata è ben noto da studi svolti nel passato su fasci di particelle carichi propagantisi in prossimità di corpi dielettrici. È possibile ottenere evidenze delle strutture prodotte dall’impatto degli aggregati di carica come si faceva una volta con le scariche elettriche, e cioè studiando i danni sul bersaglio, in particolare su una piastra “di prova” interposta sulla traiettoria degli aggregati di carica, ovvero fra la sorgente (il catodo) e l’anodo.

Esempio di un cratere da impatto prodotto da un aggregato di carica su un metallo, come mostrato da Shoulders in una conferenza svoltasi al MIT nel 2005.

In un’altra implementazione del generatore, un catodo a simmetria cilindrica è separato da un anodo da una certa distanza (gap) ed entrambi possono essere nel vuoto o soggetti a gas a bassa pressione all’interno di un involucro dielettrico. In una variazione di tale struttura, un catodo ristretto all’esterno di un dielettrico conico, con un anodo posizionato al suo interno, può produrre un aggregato di carica che può essere lanciato attraverso il gap nel vuoto o nel gas a bassa pressione, attratto da un contro-elettrodo portato all’esterno di un dielettrico tubolare in cui l’aggregato di carica viene manipolato.

Un controelettrodo, posizionato dietro una struttura dielettrica avente un bordo acuto posto generalmente in posizione intermedia fra il catodo e l’anodo – nel caso sia di un generatore a simmetria cilindrica sia di un generatore per la propagazione di aggregati di carica lungo una superficie – può essere utilizzato per separare l’aggregato di carica desiderato da elettroni e ioni che possono essere presenti nella scarica con cui viene formato l’aggregato di carica. Un simile struttura permette anche la selezione di aggregati di carica singoli da una produzione multipla di aggregato di carica.

La produzione di luce visibile che accompagna la propagazione di un aggregato di carica in un ambiente gassoso viene utilizzata per fornire guide ottiche per il percorso che l’aggregato di carica deve seguire. Dal momento che un aggregato di carica rappresenta un’alta concentrazione di carica elettrica, la sua propagazione e l’arrivo a un anodo può essere usato, ad esempio, per produrre impulsi con un tempo di salita o discesa molto breve. L’impatto di un aggregato di carica su un bersaglio appropriato può essere utilizzato anche per produrre raggi X da una regione specifica del bersaglio.

L’emissione di elettroni incidenti sulla propagazione di aggregati di carica può essere utilizzata per produrre un’emissione controllata di elettroni ad alta densità per varie applicazioni. Inoltre, viene mostrato un oscilloscopio per aggregati di carica con cui l’analisi del segnale può essere effettuata utilizzando un campo deflettente per influenzare la propagazione di un aggregato di carica, ed in cui l’emissione di elettroni incidenti può essere osservata su uno schermo al fosforo, per studiare ad es. l’influenza del campo variabile  nel tempo applicato.Viene  illustrato anche l’uso di una fotocamera elettronica per osservare il comportamento degli aggregati di carica in campi deflettenti applicati.

La creazione di un aggregato di carica: il generatore

Un aggregato di carica di elettroni può essere generato alla fine di un elettrodo al quale è applicata una tensione negativa sufficientemente grande. Le figure qui sotto illustrano un generatore di aggregati di carica. Il catodo ha generalmente la forma di un’asta allungata avente all’estremità una punta diretta generalmente verso il basso, verso una piastra anodica separata dal catodo da una piastra dielettrica interposta.

Schema di una possibile implementazione di un generatore di aggregati di carica secondo il brevetto di Shoulders.

Come indicato nella figura, l’anodo o l’elettrodo collettore, è mantenuto su un valore di tensione relativa positivo, che può anche essere quello della terra, mentre un impulso negativo dell’ordine di 10 kV viene applicato al catodo per generare un intenso campo elettrico nella sua punta. Si noti che la formazione di un aggregato di carica è un evento molto rapido che non può essere osservato bene su un oscilloscopio convenzionale: quest’ultimo mostra solo un disturbo e un piccolo “step” per pochi nanosecondi.

Con la risultante emissione di campo alla punta del catodo, si formano uno o più aggregati di carica, generalmente nelle vicinanze di dove la punta del catodo si avvicina o tocca il dielettrico in “A”. Gli aggregati di carica sono attratti dall’anodo e viaggiano attraverso la superficie del dielettrico verso l’anodo, generalmente lungo un percorso indicato nella figura qui sopra dalla linea tratteggiata B, per esempio, a patto che la superficie dielettrica sia non carica.

La propagazione di uno o più aggregati di carica lungo la superficie dielettrica può lasciare la superficie carica localmente. Un aggregato di carica successivo seguirà pertanto un percorso irregolare sulla superficie, a meno che la carica superficiale non venga prima dispersa. La piastra dielettrica isolante, che è preferibilmente di un dielettrico di alta qualità, come il quarzo, impedisce una scarica diretta tra il catodo e l’anodo, e serve anche a fornire una superficie lungo la quale gli aggregati possono viaggiare.

Se lo si desidera, una piastra “di prova” (witness plate) può essere posizionata adiacente all’anodo per intercettare gli aggregati di carica provenienti dal catodo. La piastra di prova può avere la forma di un foglio conduttivo che riporterà danni visibili all’impatto di un aggregato di carica. Quindi, essa può venire usata per rilevare la generazione di aggregati di carica (in aggiunta al metodo della radio AM illustrato qui) e per individuare i loro punti di impatto sull’anodo. In aggiunta, un aggregato di carica che si propaga attraverso la superficie dielettrica creerà una striscia visibile otticamente sulla superficie.

Con qualsiasi tipo di generatore di aggregati di carica, e se un impulso o un segnale in continua (DC) è applicato al catodo, è necessario completare il percorso del flusso di corrente in un circuito chiuso (loop) usando un elettrodo di qualche tipo per raccogliere l’aggregato di carica. Infine, il generatore può essere posizionato entro un opportuno involucro chiuso (non mostrato) e quindi fatto operare nel vuoto o in un’atmosfera gassosa controllata, come si preferisce.

L’indicazione della scala di 10 mm inclusa nello schema del generatore è una dimensione tipica per i componenti di un generatore di aggregati di carica. Di solito, infatti, quando gli aggregati di carica vengono generati e manipolati in piccolo numero, possono essere creati e guidati da piccole strutture. Anche quando si utilizzano strutture di grandi dimensioni, un aggregato di carica cerca i più piccoli dettagli di tali strutture lorde, è guidato da esse e interagisce più attivamente con esse.

In generale, è desiderabile usare materiali molto stabili per la costruzione di strutture impiegate per generare, manipolare e sfruttare gli aggregati di carica, compresi i metalli refrattari e dielettrici scelti in modo da avvicinarsi il più vicino possibile all’energia di legame di un aggregato di carica, così da preservare la vita delle strutture. Alcuni materiali dielettrici, come la plastica con basso punto di fusione, non sono preferibili come altri materiali, come ad esempio la ceramica.

Un’altra possibile implementazione di un generatore di aggregati di carica è mostrata nella figura qui sotto, e include un catodo cilindrico simmetrico avente un’estremità conica rivolta verso – ma un po’ spostata – un elettrodo anodo / collettore, che è anch’esso a simmetria cilindrica. Il circuito operativo include una resistenza di carico che collega l’anodo a massa, mentre una resistenza di ingresso limitatrice di corrente è interposta tra il catodo e un terminale di ingresso.

Una seconda implementazione di un generatore di aggregati di carica.

Infine, come mostrato dalla figura, in questa configurazione l’anodo è dotato di un terminale di uscita al quale può venire collegata un’apparecchiatura ausiliaria (non mostrata nello schema). Ad esempio, un oscilloscopio può essere aggiunto al sistema tramite il morsetto in questione, attraverso il quale si può notare (si noti che è il terzo possibile modo) l’impatto di un aggregato di carica sull’anodo.

L’ambiente nello spazio tra il catodo e l’anodo può essere racchiuso in un involucro – ad esempio all’interno di un tubo di vetro cilindrico – nel quale è fatto e mantenuto il vuoto o la pressione del gas scelta. Il tubo può essere completamente sigillato e dotato di fori per linee di comunicazione (non mostrate) ad una pompa per vuoto e/o a sorgenti di gas per il controllo dell’ambiente all’interno del tubo.

Il catodo “22” può essere pilotato da un impulso negativo, o da una corrente continua, di circa 2 kV relativi all’anodo. La lunghezza dell’impulso negativo può essere variata da pochi nanosecondi a corrente continua (DC) senza influenzare notevolmente la produzione di aggregati di carica. In caso di lunga durata dell’impulso, deve essere scelta una resistenza di ingresso appropriata, in modo da evitare una scarica a incandescenza prolungata all’interno del tubo di vetro.

In condizioni di alto vuoto, o di bassa pressione (come 10-3 torr), la scarica è facilmente smorzata e la resistenza di ingresso può essere eliminata, ma per un ambiente gassoso di pressione più elevata, il valore della resistenza va scelto in modo coerente con la pressione del gas utilizzata, in modo da smorzare la scarica. Ad esempio, per operazioni sia in un regime vuoto che gassoso che utilizza una durata dell’impulso di 0,1 microsecondi, valori tipici utilizzabili per la resistenza vanno da 500 a 1500 ohm.

Nel funzionamento ad alto vuoto del generatore, la spaziatura tra il catodo e l’anodo dovrebbe essere, preferibilmente, inferiore a 1 mm per un segnale da 2 kV applicato al catodo. Per il funzionamento in gas alla pressione di pochi torr, la distanza tra il catodo e l’anodo può essere aumentata a oltre 60 cm, a patto che venga usato un piano di massa adiacente al tubo di vetro, come mostrato. Il piano collegato alla terra può estendersi parzialmente attorno al tubo, o anche circoscrivere il tubo.

In un vecchio diodo a valvola (come quello schematizzato in figura) non si producono aggregati di carica di elettroni ma solo elettroni liberi.

 

I catodi di un generatore di aggregati di carica

I catodi, come il “12” e il “22” discussi prima, possono venire appuntiti con qualsiasi tecnica appropriata, come la levigatura e la lucidatura e persino l’attacco chimico, per raggiungere una punta sufficientemente netta da consentire la concentrazione di un campo molto alto alla fine del catodo. In condizioni normali, poiché gli aggregati di carica sono generati sulla punta di un elettrodo metallico, il materiale dell’elettrodo è disperso e la punta del catodo o altro viene distrutta dall’energia dissipata in essa, e di conseguenza la tensione richiesta per produrre aggregati di carica aumenta.

Tuttavia, il catodo può essere accoppiato ad una sorgente di un conduttore liquido e la punta dell’elettrodo rigenerata in un tempo molto breve. La figura qui sotto mostra un elettrodo metallico inumidito con una sostanza conduttiva che riveste il catodo, per cui il materiale di rivestimento può subire una migrazione superficiale verso l’estremità appuntita dell’elettrodo. Il materiale migrante rinnova la punta dell’elettrodo mantenendola appuntita via via che la generazione di aggregati di carica tende a deteriorarla. Tensione superficiale del materiale di rivestimento, sua distruzione alla punta e campo elettrico generato al catodo si combinano per spingere la migrazione della sostanza di rivestimento verso la punta.

Il metodo per rigenerare la punta del catodo illustrato nel testo.

Nella figura qui sotto, invece un elettrodo è circondato da un tubo per cui vi è una spaziatura anulare tra la superficie esterna dell’elettrodo e la superficie interna del tubo. La spaziatura serve a mantenere un serbatoio di materiale di rivestimento che è trattenuto entro tale intercapedine dalla tensione superficiale, ma bagna il catodo e migra verso la sua punta formando un rivestimento su di esso e mantenendo la punta opportunamente affilata. Il tubo serbatoio, preferibilmente, è un non conduttore, come una ceramica di ossido di alluminio, per prevenire l’emissione dal tubo di elettroni indesiderati. Un tubo conduttore può essere usato finché non è troppo vicino alla punta, dove potrebbe emettere elettroni.

Un altro catodo auto-rigenerante per l’emissione di aggregati di carica dalla punta.

Il materiale di rivestimento può, in generale, essere qualsiasi liquido metallico come il mercurio, che può migrare su un elettrodo fatto, per esempio, di rame. Una grande varietà di materiali può essere invece usata per costruire catodi “bagnati”. In genere, per il funzionamento a temperatura ambiente di un generatore di aggregati di carica, il catodo può essere costruito con filo di rame appuntito rivestito con mercurio. In alternativa, il mercurio può essere usato per rivestire argento o molibdeno.

Allo stesso modo, leghe di indio di gallio o leghe di stagno possono essere utilizzate per rivestire una varietà di substrati metallici per formare catodi. Esempi di strutture di catodo per l’uso ad alte temperature includono carburo di titanio con rivestimento di allumina per operazioni a 600 °C, e tungsteno con rivestimento in vetro di ossido di boro nelle operazioni a circa 900 °C.

Possono essere usati anche rivestimenti conduttivi non metallici. Per esempio, rivestimenti di glicerina drogata con ioduro di potassio o ioduro di sodio e nitroglicerina drogata con acido nitrico, sono stati utilizzati con successo con una varietà di substrati metallici come rame, nichel, tungsteno e molibdeno. La glicerina viene nitrata includendo un acido, o viene drogata, per impartire una certa conduttività al materiale organico. Tuttavia, non è necessario il drogaggio per avere conduttività se il materiale di rivestimento è utilizzato solo come uno strato molto sottile.

Sarà apprezzato il fatto che il funzionamento di una sorgente bagnata – in particolare in un ambiente a pressione ridotta, o anche sottovuoto – è accompagnato dalla vaporizzazione del materiale bagnante o dal rilascio di prodotti gassosi. Pertanto, il materiale di bagnatura del metallo forma un vapore. Si possono formare gas organici o inorganici, a seconda della sostanza bagnante.

L’emissione di campo quando si applica la differenza di potenziale illustrata in precedenza è infatti accompagnata da una corrente attraverso il catodo che riscalda il catodo stesso, provocando la vaporizzazione del materiale bagnante. Gli elettroni emessi dal campo colpiscono e ionizzano le particelle di vapore. La nuvola di ioni positivi risultante migliora ulteriormente il campo di emissione producendo una reazione a catena quasi esplosiva, che produce un’alta densità di elettroni locali.

Le variazioni dei catodi bagnati possono aumentare la migrazione del materiale bagnante, restituire alla fonte il materiale evaporato, mantenere la struttura di produzione del campo appuntita e/o aiutare a ridurre il tempo di ionizzazione per consentire alte frequenze di produzione di aggregati di carica. Per approfittare della rigenerazione fornita dai catodi bagnanti, la frequenza di impulsi del segnale applicato al catodo per generare gli aggregata di carica deve essere abbastanza bassa da consentire la migrazione del materiale di rivestimento per ripristinare la punta tra gli impulsi.

La figura qui sotto mostra un generatore di aggregati di carica comprendente una base ceramica avente un catodo planare, o superficiale, posizionato lungo una superficie della base e un anodo piano, o controelettrodo, posizionati lungo un’altra superficie della base generalmente opposta alla posizione del catodo. Il catodo, che è effettivamente un’altra forma di sorgente estesa o lineare, può essere rivestito con un idruro metallico, come idrossido di zirconio o idruro di titanio, per produrre aggregati di carica. Tale catodo assicura che l’idrogeno venga ricaricato nell’idruro in modo continuo ed efficace.

Schema di un catodo e un anodo su un substrato dielettrico.

Ciò può essere fatto facendo funzionare il generatore, o sorgente, in un’atmosfera di idrogeno, in modo che il catodo funzioni in modalità Thyratron, che è una tecnica nota di rigenerazione dell’idruro. Però, poiché non vi è flusso di materiale bagnante sul materiale della base del catodo, dopo un periodo di utilizzo il materiale del rivestimento si disperde e la sorgente non riesce a produrre. Di conseguenza, in generale, la sorgente di superficie “64” ha una vita efficace più breve rispetto ai catodi su cui è deposto materiale migratorio, come quelli che abbiamo mostrato nelle figure precedenti.

Funzione svolta dal separatore e sua implementazione

In generale, la produzione di aggregati di carica con un generatore come quelli illustrati qui è accompagnata dalla formazione di una scarica di plasma, inclusi ioni e elettroni disorganizzati, e generalmente gli aggregati di carica sono prodotti al catodo, con una densità di carica del plasma di almeno 106 cariche di elettroni per micrometro cubo e tipicamente di 108 cariche per micrometro cubo.

Nel caso di una distanza relativamente breve tra catodo e anodo di un generatore, l’alta densità del plasma che accompagna la formazione degli aggregati di carica è dunque solitamente prodotta sotto forma di scintilla locale. Come la distanza tra il catodo e l’anodo viene aumentata, la produzione e trasmissione di aggregati di carica è inoltre accompagnata dalla formazione di stelle filanti, cioè di ioni di gas eccitati lungo il percorso di un aggregato di carica che rilasciano luce per la transizione elettronica.

Come notato sopra, un aggregato di carica stesso ha una densità di carica estremamente elevata. Tipicamente, un anello a catena di dieci perle costituite ciascuna da un aggregato di carica, con ogni perla di circa 1 micrometro di larghezza, può contenere 1012 cariche di elettroni e, muovendosi a circa un decimo della velocità della luce, può passare una punta in 10-14 secondi, stabilendo un’alta densità di corrente facilmente distinguibile dalla normale corrente di elettroni.

Anello a catena visto al microscopio elettronico a scansione: ogni perla della catena è un aggregato di carica di elettroni.

Generalmente, nel caso di una sorgente pulsata, ci si può aspettare che si formi un aggregato di carica per ogni impulso applicato al catodo, in aggiunta alla produzione di carica estranea che può accompagnare la produzione di aggregati di carica. I vari componenti della scarica al plasma presenti quando si formano aggregati di carica sono considerati come contaminanti all’aggregato di carica, e sono preferibilmente strappati via (stripping) dalla propagazione dell’aggregato di carica.

Tale stripping può essere realizzato racchiudendo la sorgente di aggregati di carica in un separatore, posizionando un’apertura o una piccola scanalatura di guida tra gli elettrodi sorgente e quello estrattore, o anodo. Un controelettrodo è posto sul contenitore per l’uso nella generazione degli aggregati di carica. I contaminanti della scarica sono contenuti all’interno del separatore mentre gli aggregati di carica possono uscire attraverso l’apertura o la scanalatura verso un elettrodo estrattore.

Il generatore di aggregati di carica mostrato nella figura qui sotto include un catodo a simmetria cilindrico e appuntito, che può essere per esempio in rame umidificato con mercurio, e un anodo a piastra, ed è equipaggiato con un separatore a simmetria cilindrica.

Sezione parziale di un generatore a simmetria cilindrica di aggregati di carica che utilizza un separatore.

Il separatore include un elemento generalmente tubolare, costituito preferibilmente da un dielettrico, ad esempio una ceramica come l’ossido di alluminio, che si assottiglia oltre la punta del catodo in una regione includente una superficie esterna troncoconica e una superficie interna troncoconica di angolo di rastremazione più piccolo, in modo da formare un’apertura “80” definita da una estremità circolare relativamente affilata dell’elemento tubolare.

Quando un dielettrico viene usato per il tunnel “76”, si forma un controelettrodo “82” all’esterno del tunnel, mantenuto a un potenziale positivo relativo al catodo, mentre l’anodo è positivo rispetto al controelettrodo. Tipicamente, i valori di tensione possono essere, rispettivamente, nell’intervallo di 4 kV, 2 kV e zero sull’anodo estrattore, il controelettrodo e il catodo.

L’elettrodo “82” non soltanto fornisce il potenziale positivo relativo per la formazione degli aggregati di carica, ma agisce come un controelettrodo per propagare gli aggregati di carica attraverso l’apertura dell’ugello “80”, mentre l’anodo spostato “74” rappresenta un carico, ad esempio, e può essere sostituito da qualsiasi altro tipo di carico che sia utile collocare.

Altri materiali, come i semiconduttori, possono essere usati per formare il tunnel “76” con un appropriato isolamento elettrico dal catodo. In questi casi, il materiale del tunnel stesso può servire da controelettrodo. Altri processi di rivestimento per la realizzazione di conduttori, come l’evaporazione termica o lo sputtering, possono essere usati per creare il controelettrodo.

Poiché un aggregato di carica induce una “carica immagine” in un dielettrico separatore, l’aggregato di carica tende ad essere attratto dalla superficie del dielettrico. Tuttavia, i vari contaminanti della scarica di formazione, inclusi gli elettroni e gli ioni, possono essere respinti dal separatore a tunnel “76”, allo stesso tempo in cui gli aggregati di carica sono attratti dal tunnel.

Carica immagine indotta in un dielettrico da un campo elettrico esterno.

Quindi, l’aggregato di carica può emergere attraverso l’apertura “80” libera dai contaminanti della scarica, che sono trattenuti all’interno del separatore. La sezione trasversale dell’apertura deve essere tale da consentire l’emergere di aggregati di carica, ed allo stesso tempo fornire un canale sufficientemente stretto da trattenere gli agenti contaminanti della scarica e prevenirne il passaggio attraverso l’apertura.

La costruzione del generatore con il separatore tubolare avente una piccola apertura è relativamente conveniente per l’uso con vari ambienti tra il catodo e l’anodo. Ad esempio, l’uscita laterale dell’ugello formato dal separatore “76” con l’apertura “80” può essere soggetta a vuoto od a gas alla pressione scelta. Il lato di formazione dell’ugello, cioè, l’interno del separatore in cui il catodo è posizionato, può essere sfiatato per creare vuoto o un ambiente gassoso come si preferisce, diverso dall’ambiente di uscita. Un pompaggio appropriato può essere utilizzato per mantenere gli ambienti desiderati.

Sebbene il separatore illustrato e descritto finora qui abbia la forma di un imbuto, si è trovato che una box quadrata (non mostrata) con una piccola apertura – simile all’apertura “80” – perché l’aggregato di carica esca, funziona abbastanza bene separando gli aggregati di carica dal resto della scarica elettrica, che – come detto prima – può includere elettroni, ioni positivi e negativi, particelle neutre e fotoni.

In ogni caso, le aperture fornite dai separatori devono essere sufficientemente piccole da consentire l’emergere degli aggregati di carica mentre li spogliano dai contaminanti della scarica. Per esempio l’apertura del separatore nell’ultima figura mostrata qui sopra può essere di circa 0,05 mm di diametro per i generatori che operano a 2 kV e con uno spessore del labbro circolare di circa 0,025 cm.

In generale, le aperture più piccole possono tollerare tensioni più piccole e continuano a filtrare i contaminanti in modo efficace. Generalmente, la forma della sezione trasversale esatta del separatore non è di primaria importanza per la funzione di filtraggio.

Infine, la figura qui sotto mostra un generatore di aggregati di carica dotato di un separatore progettato per l’uso in una implementazione planare per un generatore di aggregati di carica. Una base dielettrica “86” è dotata di un catodo superficiale. Un separatore sotto forma di una copertura dielettrica “90” si estende su e oltre il catodo, e termina in un superficie superiore inclinata che, accoppiata a una superficie interna inclinata di un angolo minore di pendenza, fornisce un bordo relativamente appuntito sospeso a breve distanza “92” sopra la superficie della base.

Sezione parziale di un generatore planare di aggregati di carica con un separatore.

ATTENZIONE! – Questa esperienza è riservata a soli sperimentatori adulti con un background fisico o ingegneristico, poiché la realizzazione del presente apparato comporta potenziali rischi legati all’alta tensione e alla possibile produzione di prodotti indesiderati, quali raggi X, raggi gamma, neutroni. Pertanto, vanno adottate tutte le precauzioni e schermature conseguenti. In alternativa, si consiglia di proteggersi facendo funzionare l’apparecchio a minimo 10 metri di distanza da se stessi e dalle altre persone quando è acceso, usando quindi un sistema di comando e monitoraggio (anche video) da remoto.

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